I maestri e i professori italiani (esclusi gli universitari) sono vecchi e guadagnano poco. Dopo la denuncia dell’Ocse (https://staging.eunews.it/locse-denuncia-in-italia-insegnanti-vecchi-e-scuole-senza-soldi), oggi lo certifica la Commissione europea nella sua relazione annuale sulle indennità degli insegnanti (Teachers’ and School Heads’ Salaries and Allowances in Europe 2011/12) pubblicata nella giornata europea a loro dedicata.
La crisi ha colpito un po’ tutti, ma in Italia forse di più, perché i guai di questi anni si sommano a quelli strutturali. In teoria gli stipendi degli insegnanti italiani, considerando il minimo e il massimo, si collocano nella media Ue, ma il fatto è che al massimo ci arrivano in pochi perché solo da noi questo è un traguardo che si raggiunge con 35 anni di servizio. Più o meno come in Spagna, Austria, Ungheria, Portogallo e Romania, dove il salario più alto lo si guadagna dopo i 34 anni.
Però. Però di norma il salario più alto lo si raggiunge dopo 15-25 anni di servizio (in Gran Bretagna dopo 10) e in Italia, inoltre, il salario di un professore sessantenne con 35 anni di servizio è solo del 50% più alto di quello del ventiseienne appena entrato (se poi ce ne fossero…). La media Ue è tra il 70 e il 90% in più.
La cosa che più sembra aver incuriosito gli autori della ricerca è che mentre gli stipendi pagati più alti sono in paesi come la Gran Bretagna, la Finlandia, la Polonia o la Repubblica ceca, i più bassi sono in paesi come il Lussemburgo, il Portogallo e l’Italia, ma in Italia ci sono anche i professori mediamente più anziani, sopra i 50 anni, mentre altrove si è sui 40. Il potere d’acquisto, che è poi il dato “vero” che esprime il tenore di vita possibile, è un disastro: in Italia è fermo al livello del 2000.
Chi tra gli insegnanti italiani poi lavora solo per l’amore di farlo sono i direttori delle scuole. Secondo lo studio della Commissione il loro stipendio massimo è del 22% circa più basso di quello della media degli stipendi dell’Unione (non della media dei più alti, ma degli stipendi tutti). Degli insegnati della scuola privata neanche a parlarne: non ci sono dati disponibili.
In generale sono sedici i paesi europei che dalla metà del 2010 ad oggi hanno dovuto ridurre o congelare le retribuzioni dei loro insegnanti. Irlanda, Grecia, Spagna, Portogallo e Slovenia sono i più colpiti dai tagli di bilancio e dalle misure di austerità e nei quali, dalla metà del 2010, sono stati ridotti sia gli stipendi che le indennità ai prof quali assegni per ferie e gratifiche. Gli insegnanti e gli altri dipendenti del settore pubblico si sono visti accreditare il 13% in meno in Irlanda, il 5% in meno in Spagna e il 30% in meno in Grecia – con sospensione del pagamento della gratifica natalizia e di quella pasquale, in alcuni casi. Analoghi provvedimenti sono stati presi in Portogallo. Rimangono invariate o subiscono un leggero ridimensionamento le buste paga dei docenti in Bulgaria, a Cipro, in Estonia, in Francia, in Ungheria, in Italia, in Lettonia, in Lituania, nel Regno Unito, in Croazia e nel Liechtenstein. In aumento invece gli stipendi in Polonia, Slovacchia e Islanda.
Sebbene tutti i paesi sostengano che il miglioramento dei livelli di rendimento di alunni e studenti sia una priorità assoluta, solo la metà dei paesi oggetto della relazione attribuisce indennità agli insegnanti sulla base dei risultati positivi del loro lavoro o di quelli degli studenti.
“Gli insegnanti svolgono un ruolo fondamentale nella vita dei bambini e dei ragazzi e, come tutti sanno, possono incidere profondamente sul loro futuro”, ha affermato Androulla Vassiliou, Commissaria responsabile per l’Istruzione. “La retribuzione e le condizioni di lavoro degli insegnanti dovrebbero costituire una priorità assoluta al fine di attirare e trattenere i migliori in questa professione – ha sottolineato -. Ma per attirare gli insegnanti migliori non basta solo la retribuzione: è indispensabile che le aule siano ben attrezzate e che gli insegnanti possano far sentire il loro parere sulla modernizzazione dei programmi di studio e sulle riforme dell’istruzione”.
Il link al Rapporto (in inglese) http://eacea.ec.europa.eu/education/eurydice/documents/facts_and_figures/salaries.pdf