Domenica 14 ottobre in Belgio si svolgeranno le elezioni amministrative. Sulle liste di Bruxelles, nei 19 comuni della regione capitale, l’agglomerato urbano conosciuto come “Bruxelles”, compaiono, con una lieve maggioranza femminile rispetto a quella maschile, ben 73 candidati di origine italiana o proprio italiani che risiedono qui: 9 nomi solo a Schaerbeek, il più numeroso. A seguire Saint Gilles e Anderlecht che presentano entrambi 8 candidati italiani, Molenbeek 7 e Bruxelles, il più grande, 6. Il 54% corre in una lista di sinistra (verdi ecologisti Ecolo, socialisti PS, e laburisti PTB), il 23% per la destra (Riformisti liberali Mr e liberali ed Mr ora diventati FDF) e un 12% per il partito democristiano di centro CDH.
Saranno molti anche gli elettori italiani che hanno scelto di chiedere di poter esercitare il diritto di recarsi alle urne, nonostante lo spettro del “voto obbligatorio”. Dalla firma del trattato di Maastricht i cittadini europei residenti in un Paese Ue diverso da quello d’origine hanno la possibilità di iscriversi alle liste elettorali per le tornate amministrative della città di residenza e prendere parte alle elezioni senza perdere il diritto di voto per il comune del proprio stato membro. Chi si iscrive nelle liste elettorali in Belgio è equiparato ad un elettore belga, e dunque per lui il voto è un dovere (non ‘civico’, proprio legale) ed tenuto a continuare a recarsi ai seggi anche negli anni a venire (a meno che non si cancelli dalle liste elettorali); il mancato voto non giustificato comporta una multa di circa 150 euro, che viene solo raramente comminata. In alcuni casi i “negligenti” rischiano di essere chiamati a presentarsi in tribunale: un mal di pancia, questo, a cui molti stranieri – tra cui una buona parte di italiani – rinuncia volentieri a costo di abdicare al diritto di voto.
A questo proposito Andrea Zanaglio, candidato per il comune di Etterbeek nella Liste Bourgmestre (la lista del sindaco in carica) – Movimento Riformista rassicura: “È vero che una volta iscritti diventa obbligatorio andare a votare, ma ciò riguarda solo le amministrative, ed esistono molte possibilità per giustificare un’assenza alle urne per motivi di lavoro, famigliari o di salute senza incorrere in sanzioni. In ogni caso è importantissimo che gli italiani votino, dal momento che sono rappresentati in numero non indifferente nelle liste dei diversi comuni di Bruxelles: è un’ opportunità per noi, che siamo tra i più numerosi, per avere qualcuno che faccia le nostre veci a livello amministrativo.”
A proposito delle abitudini di voto italiane – e non – la socialista Francesca Lazzaroni, candidata anche lei per la Liste Bourgmestre (Ps), ma per il comune di St. Gilles fa sapere: “In una città come Bruxelles, particolare per l’alto numero di stranieri che vive a metà tra il Belgio e il paese d’origine – e molti solo di passaggio – è comprensibile che alcuni non si sentano così legati al Belgio da morire dalla voglia di andare votare. Per tutti gli altri invece, i residenti in pianta stabile, è bene che si sappia che è possibile delegare il voto o disiscriversi dalle liste semplicemente compilando un modulo. Non c’è dunque nessun vincolo indissolubile.”
Lazzaroni, fiera della sua campagna elettorale per un comune in cui risiedono 1.800 cittadini con nazionalità italiana, 400 di questi regolarmente iscritti nelle liste elettorali, apre una questione interessante: “La mia è stata una campagna dai toni sobri, a diretto contatto con i cittadini e, nel complesso, un’esperienza molto bella. Il fatto che cenoni e grandi manifestazioni fossero bandite per legge ci ha dato la possibilità di tentare un approccio porta a porta con i nostri elettori. Molti, ad esempio, hanno deciso di andare a registrarsi dopo averci conosciuti. Anche le discussioni tra candidati di diverse liste sono state occasione di confronto rispettoso e non un gridarsi in faccia l’un l’altro come accade nei dibattiti televisivi all’italiana.”
A differenza di quanto avviene in Italia, dove solitamente le elezioni offrono la migliore occasione ai ben noti personaggi del teatrino politico per dare il meglio si sé nello sperpero dei fondi pubblici – come se piovessero dal cielo – e presenziando in trasmissioni quasi circensi alla fine delle quali vince chi urla di più, in Belgio esistono una serie di regole che contengono e limitano partiti e candidati durante la campagna elettorale.
Innanzitutto ogni aspirante ha accesso ad un budget di denaro pubblico che va da un massimo di € 5.000 nel comune di Bruxelles che è il più numeroso (160.000 abitanti circa), ad un minimo di € 1.250 a chi si candida a Koekelberg (20.000 abitanti circa). Consideriamo il caso di un comune medio, che mette a disposizione € 1.800 a candidato: 400 vanno alla lista e vengono utilizzati per la campagna collettiva e 1400 al candidato che può scegliere come impiegarli. Attenzione, però: non si tratta di una somma che viene elargita anticipatamente al partito per finire direttamente nelle tasche del candidato, ma di una cifra limite per l’acquisto di materiale pubblicitario oltre la quale non si può sforare e che viene rimborsata su presentazione di scontrini e fatture. Incredibile ma vero: ogni candidato deve rendicontare ogni spesa e non beneficia di somme anticipate in via forfettaria.
Tra i candidati italiani la più nota è probabilmente Monica Frassoni, co-presidente del Partito dei Verdi europei, un passato di deputato europeo per due legislature (poi il suo partito, Sel, come noto, non ha raggiunto il quorum). E’ candidata a Ixelles, ovviamente con i Verdi, che in questo comune abitato al 40% da stranieri, sono il secondo partito, dopo i liberali dell’Mr. Anche la sua campagna è stata sobria “ho incontrato le persone a tu per tu, stampato e distribuito qualche ‘santino’, ed ho utilizzato molto internet, in particolare facebook, per discutere con gli elettori. A tutti comunque ho dato anche il mio indirizzo di posta elettronica, e tanti hanno preferito contattarmi così, più in privato, con domande specifiche”. Per lei a dire il vero la campagna è stata poco local e molto glocal però, visto il suo passato, e presente politico. Ieri sera, ad esempio, era a cena con Mario Monti ed altri leader europei. Brussellese da decenni, ma oramai è la ‘proiezione internazionale’ per il suo comune di adozione, Ixelles.
Le limitazioni per la campagna elettorale, che dura per i tre mesi precedenti la data del voto, riguardano poi il divieto di vendere o distribuire gratuitamente gadget, di usare auto istituzionali e di diffondere spot pubblicitari attraverso i media e al cinema. No anche alle telefonate moleste a casa della gente – molto in voga in Italia all’ora di cena – che si tratti di un nastro preregistrato o del candidato in persona.
Regole anche per i poster che devono essere di dimensioni prestabilite (poco più grandi di di un foglio A3, pochissimi quelli di misura maggiore) e non possono tappezzare indiscriminatamente la città con il faccione del politico di turno, ma essere affissi solo negli appositi spazi riservati alla pubblicità elettorale.
Ammesso, invece, l’uso dei social network, di internet e degli spazi privati come le vetrine dei negozi, le auto o le facciate delle case se i proprietari sono d’accordo.
Tassativamente vietata anche l’offerta di cibi e bevande perché considerabile come una forma di corruzione. In un contesto di forti limitazioni derivanti da un’ottica egualitaria che prevede che tutti, indipendentemente dai fondi, abbiano le stesse opportunità di pubblicità e visibilità, tocca trovare escamotages per avvicinare i futuri elettori.
Proprio come ha fatto Zanaglio che ci racconta: “Ho incontrato le persone al mercato. Non potendo proporre cocktail e aperitivi sono sceso in strada a presentarmi personalmente ai passanti fermandoli uno ad uno. Ho riscontrato reazioni molto positive dal contatto diretto e un grande interesse da parte degli italiani: secondo me ci sarà una buona affluenza alle urne. Inoltre sono molti i cittadini che si informano sul mio programma per il quartiere o che mi chiamano anche solo per avere spiegazioni sulle modalità di voto”.
In alcuni comuni sarà possibile scegliere di votare con il voto elettronico, più rapido e trasparente. All’ingresso verrà consegnata una scheda da inserire nel lettore: dopo aver selezionato la lingua, la lista e il candidato (o i candidati, visto che è potenzialmente possibile esprimere la preferenza per tutti i nomi) bisogna confermare e riconsegnare la scheda.
L’appuntamento è per domenica alle urne, che saranno aperte dalle ore 9 alle 16. I risultati, subito dopo.
Loredana Recchia