Il Segretario di Stato americano in visita ufficiale nell’Ue spiega la “diplomazia economica”
“Dobbiamo convincere gli imprenditori a investire nel futuro di Israele e della Palestina”
“La soluzione ai conflitti in Medio Oriente non saranno i droni”, è più facile, invece, che a portare la pace sia la Coca-Cola. Secondo il Segretario di Stato americano John Kerry, in visita nell’Ue, in un periodo in cui “siamo tutti affetti da problemi di bilancio”, la migliore via per la pace è mettere in campo la “diplomazia economica”. Così si spiega il progetto di portare investitori stranieri, tra questi uno dei più grandi distributori di bevande al mondo, in Cisgiordania, nei territori palestinesi. L’obiettivo è di far crescere l’economia, creare nuovi posti di lavoro e migliorare gli standard di vita della popolazione, facendo, così, un passo avanti verso la fine dei conflitti. “L’idea è di portare le grandi corporation che stanno cercando luoghi dove investire attorno a un tavolo e convincerle a investire nel futuro e per la pace. Lo stiamo facendo tra gli altri con l’aiuto dell’ex premier britannico, Tony Blair, e dell’amministratore delegato della Coca Cola, Muhtar A. Kent”, ha spiegato Kerry aggiungendo: “Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu è stato favorevole e anche il Presidente palestinese Mahmoud Abbas ha detto che potrebbe essere utile”.
Si tratta di un’idea presentata a seguito di un pranzo con il Presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, durante un incontro con giovani stagisti delle Istituzioni di Bruxelles. È stata una discussione, per quanto possibile, “informale”. All’evento tenutosi ai piani alti del palazzo Berlaymont c’era, naturalmente, lo stesso Presidente dell’esecutivo Ue, la cui presenza però è passata in secondo in piano, davanti al carisma tipicamente americano del Segretario di Stato. C’è poco da fare, del resto “gli Americani sono più bravi di noi nel comunicare”, ha ammesso lo stesso Barroso davanti a un pubblico che è parso condividere.
Microfono in mano per non sentirsi costretto, Kerry si è subito complimentato con il Presidente e l’Alto rappresentante per il Affari esteri, Catherine Ashton, per il punto messo a segno con il recente accordo tra Serbia e Kosovo. Bravi, “non solo per il loro futuro accesso all’Ue”, ma anche perché così hanno chiuso una contesa appartenente al passato.
Per un vecchio conflitto che si risolve, però, ancora troppi ne restano vivi, così il Segretario di Stato ha citato, tra gli altri Paesi anche Corea, Cipro e Pakistan: secondo lui sono scontri tra “chi guarda alla modernità e chi, invece, desidera che tutto resti com’è, o peggio ancora, vuole tornare indietro”. Sono stati gli stessi stagisti, quelli che Kerry ha salutato come “The Future”, a tirare in ballo l’attacco di Boston. Per lo statunitense, l’incidente di una settimana fa, altro non è che l’ennesimo campanello d’allarme, per ricordarci che il diffondersi del terrorismo deve essere fermato. Come? “Parlando con l’Islam moderato”, quello disposto a dialogare e che nel mondo rappresenta la maggioranza, “perché possa combattere a difesa delle vere basi della propria religione”, anziché lasciare il potere a chi altro non fa che “interpretare i precetti religiosi nel modo sbagliato”.
La principale preoccupazione per Kerry non è però Boston, ma sono le zone che al momento più soffrono della minaccia del terrorismo, come il Sahel e l’Afghanistan. A questo proposito il Segretario di Stato incontrerà a Bruxelles il Presidente afghano Hamid Karzai per discutere del processo di pace nel suo Paese.
Camilla Tagino
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