Ma il resto d’Europa non è comunque motivo di vanto
Tajani: “Lavoro a una proposta legislativa per tempi certi e costi certi”
I dati della Commissione mostrano un paese con giustizia civile lenta, costi elevati e burocrazia asfissiante, dove avviare un’attività non è conveniente
“I” di Italia? Non per le imprese, che trovano nel nostro paese uno dei terreni meno fertili dove mettere radici. Avviare un’attività in Italia non è un affare: è il secondo paese dell’Ue per entità di costi da sostenere, pari al 17% dei ricavi aziendali pro-capite. Un dato ben oltre la media comunitaria (5%), e battuto solo dalla Grecia (21%). Quanto a tasse e dichiarazioni dei redditi è una vera e propria giungla: occorrono 269 ore per riuscire a compilare tutta la modulistica richiesta, contro la media Ue di 193 ore. E sul fronte della certezza normativa il risultato non cambia, anzi le performance sono “molto scarse”: in una scala di valutazione da 0 a 100, l’Italia ottiene come punteggio 67, il quartultimo di tutta l’Ue (peggio registrano Grecia con 62, Bulgaria con 60 e Romania con 43) e piuttosto lontano dalla media comunitaria (82). L’Italia, insomma, non aiuta le imprese. Il quadro è quello emerso in occasione dalla conferenza di alto livello su pubbliche amministrazioni trasparenti promossa dalla Commissione europea. I dati descrivono un paese poco capace ad accogliere industrie e capitali stranieri, né a promuovere la piccola e media imprenditoria tricolore. Come se non bastasse la giustizia civile ha ritmi “da lumaca” e scoraggia ancora di più gli aspiranti imprenditori. Il nostro paese “è in fondo alla classifica per tempi di risoluzione delle cause commerciali e numero di quelle pendenti”, lamenta il vicepresidente della Commissione europea responsabile dell’Industria, Antonio Tajani. “Servono 564 giorni per il primo grado, e 1.210 per i tre gradi di giudizio, malgrado investimenti nel sistema giudiziario in linea con quelli di altri paesi europei, vale a dire lo 0,2% del Pil”. Un sistema di questo tipo è insostenibile: tutte le inefficienze costano all’Italia fino al 2% del Prodotto interno lordo, l’equivalente di circa 30 miliardi di euro l’anno.
Ma se l’Italia è forse uno degli esempi meno virtuosi dell’Unione europea, il resto dell’Ue proprio bene non sta. In molti stati la digitalizzazione “non è sfruttata a sufficienza”, rileva Tajani. Parlando di giustizia civile, i tempi medi comunitari per ricomporre gli obblighi contrattuali è di 547 giorni e 32 diversi atti procedurali. Per i fallimenti, poi, occorrono circa due anni. “E in alcuni stati membri questi numeri vanno moltiplicati per tre o per quattro”, lamenta ancora Tajani. E’ dunque tempo che l’Europa cambi passo. I tempi per l’avvio di nuove imprese va ridotto, i costi abbattuti, l’eccesso di burocrazia eliminato, le legislazioni dei ventotto armonizzate. “I ritardi, le inefficienze delle pubbliche amministrazioni, le diverse regole, sono tutti elementi che vanno contro un genuino mercato unico”, evidenzia Maros Sefcoviv, commissario europeo per i Rapporti interistituzionali, per il quale “occorre un approccio comune”. La Commissione europea in tal senso a dar seguito al consiglio Competitività di maggio 2011: in quella sede i paesi membri assunsero l’impegno a consentire che l’avvio di nuove imprese avvenga in massimo tre giorni a un costo massimo di 100 euro. A oggi tale impegno rimane lettera morta, e per questo Tajani annuncia di “lavorare a una proposta legislativa per dare tempi certi e costi certi per l’avvio di nuove attività imprenditoriali”. Si tratta di un testo che punta a far rispettare gli obiettivi dei 3 giorni e dei 100 euro, ma ancora è chiaro se verrà presentato sotto forma di proposta di regolamento o di proposta di direttiva. Ad ogni modo se tutto va bene potrebbe arrivare entro fine anno.
Renato Giannetti