Quando abitavo a Torino, ed ero nel bel mezzo del fermento musicale cittadino, nonché della sua crescente movida, c’era un personaggio che la gente chiamava il Milla.
Il Milla era protagonista della Torino alternativa quando ci bazzicavo io, vale a dire tra il 1998 e il 2001, ma esisteva da ben prima che io arrivassi, ed ha continuato ad esistere per gli anni a venire.
Il Milla avrà certamente avuto un nome e un cognome normale, ma io credo di non averlo mai saputo, a Torino il Milla era il Milla, punto e basta.
Ora, io non lo so cosa vi stia passando per la testa, ad ogni modo Milla non era l’abbreviazione di Camomilla.
Milla derivava invece da Millantatore.
Pare che ne sparasse sempre una più del necessario.
Io col Milla non ho mai avuto particolari problemi, anzi devo ammettere, mi è sempre stato simpatico. Potrei addirittura dire, a scanso di equivoci, di volergli bene.
Certo, aveva una buona parlantina, giusto per usare un eufemismo.
Tipo che delle volte ti attaccava al muro con una serie di cazzotti di parole, ed uscirne non era solo difficile, era praticamente impossibile.
La tecnica era ineccepibile, approccio galante e riverente, un paio di finte di discrezione, e poi giù secco col primo gancio sinistro, la storia che lo vedeva sul palco insieme ai Linea 77.
Avevi appena avuto il tempo di riprenderti, e prima che potessi chiederti se quella storia fosse vera o falsa, eccolo lasciare il campo.
Cercavi quindi di riordinare le idee analizzando i particolari, ma il suo abbandono era un’altra finta, e in men che non si dica il Milla ti era nuovamente addosso con un diretto su quella volta che i Subsonica gli avevano chiesto di andare a Sanremo con loro.
A quel punto eri ormai stremato, con le spalle contro il muro dell’Hiroshima, sputavi sangue, saliva e gin tonic sul pavimento appiccicoso, cercando di riprendere conoscenza.
Vedevi all’orizzonte sagome sfocate di amici e fidanzate, ma intuivi che mai sarebbero venuti a salvarti.
Allora raccoglievi le forze, cominciavi a snocciolare qualche data e qualche nome per verificare la veridicità delle sue eroiche gesta, ma nulla da fare, il Milla si muoveva veloce sul ring senza lasciarti il tempo di arrivare a una conclusione certa sul perché del suo soprannome.
Quando l’ultima band sul palco stava ormai suonando l’ultimo brano dei bis, il tuo preferito, il Milla non aveva pietà, e assestava un gancio da maestro che ti faceva volare dietro al bancone come un sacco di patate.
Già amico, perché era stato Vinicio Capossela in persona ad invitarlo al suo matrimonio, mentre quella sciacquetta all’ingresso diceva che non c’era nessun Milla in lista, e non poteva lasciarlo entrare.
La band del momento aveva appena finito di ringraziare, tu ti ritrovavi sverso marcio dietro al bancone del bar, e la barista più carina ti aiutava a rialzarti.
Il Milla era in giro per la sala a cercare qualche pezzo grosso. A fine serata compariva sempre un pezzo più grosso di te, e solo allora il Milla mollava la presa.
Tutto d’un tratto c’erano nei paraggi prede più ambite.
Allora ti sistemavi un po’ la maglietta dei Negazione, ti rimettevi un po’ in ordine i capelli che ancora avevi, e ordinavi un altro gin tonic.
A quel punto passava il batterista dei Bluvertigo che ti sorrideva e ti chiedeva “E allora, com’era l’ultimo pezzo?”
Bellissimo.
Davvero bellissimo.
Ru Catania