L’economia italiana e in buona parte anche quella europea è strozzata dal debito. Le proposte per superare la situazione si accavallano, partendo dalla più ovvia: lavorare per ridurlo. Praticamente nessuno però rispetta il limite del 60% del Pil e in alcuni casi (come l’Italia e il Belgio, dimenticando la Grecia) è però così grande da sembrare incomprimibile.
Proprio dalla Germania, dal gruppo di economisti che costituzionalmente consigliano la Cancelliera, arrivò un paio di anni fa la proposta di mettere in comune tutto il debito che supera il tetto del 60%. Quello cioè “cattivo”, costruendo una sorta di “bad bank” dei buffi europei, da coprire con titoli emessi congiuntamente. L’idea non passò, neanche in Germania. Ho letto però di recente una proposta che a me pare interessante, che ribalta la questione offrendo una possibile via d’ uscita che appare molto ragionevole, mantenendo le responsabilità dei governi. L’ho letta in una breve paper che mi ha passato l’economista dell’Università di Torino Maria Grazia Turri, durante una tiepida serata al festival Comodamente di Vittorio Veneto.
Secondo Turri bisogna “invertire l’ottica: i debiti degli Stati – dice – fino ai limiti dei parametri di Maastricht dovrebbero essere convogliati in un unico Fondo europeo sul quale emettere Eurobond Heavy”. Il debito giudicato “sano” dal legislatore europeo dovrebbe dunque essere condiviso, ed usato per finanziare la ripresa oggi e la crescita ordinaria domani. “Per i debiti eccedenti i parametri di Maastricht – continua Turri – ciascuno stato dovrebbe provvedere al loro rientro con misure consone alla propria storia economica e alle proprie disponibilità finanziarie, entro un tempo definito”. Cioè i governi, pur godendo tutti collettivamente di un enorme debito “buono” messo in comune, diventerebbero responsabili per i loro eccessi di spesa, ognuno avrebbe l’obbligo di rientrare entro una data certa, ma ognuno come gli pare, con gli interventi possibili nel suo paese. “Si tratta – conclude questo paragrafo la professoressa torinese – non di dare vita a una Bad Bank o a una Good Bank, bensì di rendere comune il Good Debit”.
Turri chiama questa una “lezione hamiltoniana”, pensando ad Alexander Hamilton, il primo ministro del Tesoro degli Stati Uniti, nel 1789, che proprio sulla condivisione del debito di quei primi tredici stati fondò la potenza economica Usa. Mi sembra un’idea antica, nel senso di sperimentata, e sulla quale varrebbe la pena ragionare ancora.
Lorenzo Robustelli