Lo dice uno studio che arriva dal Parlamento europeo secondo cui il mercato vale miliardi di euro per l’export comunitario ed è importante per gli approvvigionamenti di rame e petrolio. Secondo il report un motivo in più per tentare di contribuire alla stabilità, al benessere e alla sicurezza dell’area
L’Unione europea deve continuare a promuovere lo sviluppo sostenibile dell’Africa orientale, partner commerciale sempre più importante per l’economia comunitaria. È la conclusione di un breve studio del Direttorato generale per le azioni esterne del Parlamento europeo, in cui si sottolineano i rischi legati a conflitti in corso e quelli potenziali. La valenza geopolitica è strategica: risorse naturali (acqua, petrolio, gas e minerali) e collocazione geografica (sbocco su mar Rosso e oceano indiano) ne fanno un’area di notevole interesse, ma le conflittualità interne non aiutano la regione a diventare stabile né affidabile. “Promuovere l’integrazione regionale si rende necessario se si vuole favorire la stabilità politica e socio-economia”, la raccomandazione dello studio, secondo cui “l’Ue dovrebbe continuare a relazionarsi con le organizzazioni regionali al fine di incoraggiare la cooperazione politica ed economica” nonché promuovere pace e sicurezza in “aree che possono ricoprire un ruolo molto importante”.
L’Africa orientale comprende quindici Stati (Burundi, Comore, Djibuti, Eritrea, Etiopia, Kenya, Madagascar, Mauritius, Rwanda, Seicelles, Somalia, Sudan, Sud Sudan, Tanzania e Uganda) racchiusi in tre sotto-regioni (Corno d’Africa, regione tra i grandi laghi e zona Swahili e isole dell’oceano indiano), tante quante le organizzazioni regionali che hanno da anni il sostegno dell’Ue: si tratta di Igad (Autorità intergovernativa per lo sviluppo), Eac (Comunità dell’Africa orientale), Ioc (Commissione per l’Oceano indiano) e Comesa (Mercato comune per l’Africa orientale e meridionale). Lo studio realizzato dal Direttorato generale per le azioni esterne del Parlamento europeo invita a continuare a tessere relazioni con queste quattro organizzazioni, per quello che il versante est dell’Africa rappresenta per l’Europa. Non ci sono solo diritti umani e promozione della democrazia (di cui per altro si parla): in gioco ci sono affari per miliardi di euro. Nel solo 2012 l’Ue ha esportato beni e servizi per un valore complessivo di 3,7 milioni di euro nei paesi dell’EAC (Burundi, Kenya, Ruanda, Tanzania e Uganda), con un valore complessivo degli scambi commerciali fra EAC e UE di 5,9 miliardi di euro. Nello stesso anno, l’export europeo verso l’ESA ammontava a 5,1 milioni di euro, e l’import a 3,4 milioni di euro:l’UE è il principale partner commerciale della regione. Il continente africano è dunque un risorsa per l’Europa, che da lì importa zucchero e caffè, ma soprattutto rame e greggio. Non a caso lo studio sottolinea come la conclusione di accordi di partenariato economico sia “una priorità per la politica commerciale dell’Ue con l’Africa orientale” e il Parlamento europeo ne incoraggia una firma “entro l’1 ottobre 2014”, termine ultimo concesso per concludere il negoziato.
L’Europa però non deve pensare solo agli affari o a sviluppare azioni di garanzia per la sicurezza che tengano al sicuro i propri affari. Lo studio rileva come la comunità internazionale – “Ue inclusa” – abbia cercato di accrescere le capacità anti-terroristiche ma afferma che dovrebbe anche “mettere in rilievo la necessità di rispettare lo stato di diritto e i diritti umani”. In particolare per lo studio del Parlamento Ue occorre intervenire per fare in modo che ci sia il pieno riconoscimento di diritti civili e politici per minoranze LGBT, e che si ponga fine a stupri e agli arresti arbitrari dei membri dell’opposizione, di attivisti e giornalisti.
Renato Giannetti