“Occorre una svolta nella politica dell’Europa? Io non credo: la svolta c’è già”. E’ il pensiero di Mario Monti, ospite dell’ultimo appuntamento di una serie di dibattiti organizzati presso Spazio Europa, la sala conferenze della Rappresentanza Ue a Roma. Per l’ex presidente del consiglio, il cambiamento necessario a rimettere in moto la crescita può essere attuato da Jean Claude Juncker. Il lussemburghese, fresco di nomina alla guida dell’esecutivo europeo, secondo Monti è l’uomo giusto perché “sincero interprete di una economia sociale di mercato”.
Juncker in passato è stato uno dei massimi esponenti della linea rigorista, ma le aperture che ha fatto durante il suo discorso a Strasburgo sono “un buon segnale” per il senatore a vita. È pur vero che Monti non sia un estimatore della flessibilità. Anzi, evita addirittura l’uso di questa parola. Durante ha coniato un’espressione più neutra possibile: “necessità di un riconoscimento sugli investimenti pubblici”.
Cosa intende il professore? Ha in mente di scorporare alcune voci di spesa dal computo per il patto di stabilità? Non è dato sapere. Monti non si sbilancia neppure di fronte a domande precise. “Dovrei dirle quali misure specifiche ho in mente – risponde a eunews – ma cerco di essere molto attento alle scelte lessicali perché non voglio dare adito, a teutonici e anglosassoni, di dire ‘ecco, i soliti italiani’”. E quindi la butta in filosofia. Parla di una “battaglia culturale”, da condurre per “far capire ai paesi del Nord che, se gli investimenti pubblici non sfociano in uno sforamento collettivo del patto di stabilità, possono diventare uno strumento per riaffermare le regole”.
È servito agitare lo spettro della deflazione per fargli ammettere che “sì, un aumento della spesa pubblica sarebbe utile” a evitare questo rischio. Poi però ha subito precisato: “proposto da noi italiani, che quando facciamo investimenti pubblici producono spesso in inchieste penali”, l’argomento non ha una gran presa sui paesi virtuosi.
Bacchetta l’Italia l’ex presidente del Consiglio. Poi suggerisce che “le riforme economiche si facciano prima di quelle istituzionali”. Secondo il professore, per la competitività italiana sui mercati, “fa più differenza se c’è o no il codice semplificato sul Lavoro, che non sapere che tipo si Senato ci sarà”. In ogni caso, Monti ha un giudizio positivo sul premier Matteo Renzi. “In Europa è rispettato – dice – perché, in brevissimo tempo, attraverso un ‘take off’ (scalata) ostile di un partito e un ‘take off’ ostile di un governo, è riuscito a fare un ‘take off’, stavolta non ostile, dell’elettorato”. E questo, secondo Monti, in una “Europa con l’attuale carenza di leadership, è un risultato molto apprezzato”.