Flessibilità sì, ma fino a un certo punto. I paesi dell’Ue possono chiedere flessibilità quanto vogliono, ma le riforme restano imprescindibili e devono essere fatte. E’ il messaggio che il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, recapita all’Italia, capofila degli stati dell’Unione europea e dell’Eurozona che chiedono di un’applicazione flessibile del patto di stabilità.
In commissione Problemi economici del Parlamento europeo Dijsselbloem è perentorio: “Alcuni paesi pensano che utilizzando la parola flessibilità si risolvano tutti i problemi. Non è così”. Alcuni paesi, Francia e Italia su tutti. Riferimenti impliciti, per il famoso buon intenditore, e a buon intenditore poche parole. Dijsselbloem ne usa poche, ma chiare. “Permangono problemi strutturali che devono essere risolti da parte degli stati membri”. Avanti con le riforme, dunque. Destinatari della raccomandazione? Un po’ tutti, ma alcuni più di altri. “L’attuale governo italiano e francese sono stati molto ambiziosi sulle riforme, e quindi c’è ragione di essere ottimisti”. Però… C’è un però, un altro richiamo a fare bene e in modo credibile. Anche qui poche parole per chi vuole intendere. Per correggere gli squilibri, dice Dijsselbloem, “se i paesi chiedono di avere più tempo bisogna garantire che questo non sia tempo sprecato e che ci siano effettivi progressi dal punto di vista del deficit strutturale attraverso le riforme”.
Altro messaggio recapitato a chi di dovere, che sembra essere ancora una volta l’Italia di Matteo Renzi. “Le privatizzazioni possono essere una parte della soluzione”, dice Dijsselbloem. E il governo italiano lavora proprio a un piano di privatizzazioni.
Renato Giannetti