È cominciato tutto in Europa e in Europa ora sta per ritornare. È stato con una sorta di folgorazione davanti al quadro “Natura morta con Bibbia” nel Museo Van Gogh di Amsterdam, che a Caparezza, al secolo Michele Salvemini, è venuta l’idea di un disco che fosse un vero “museo in musica”. E ora che Museica è realtà, è pronto a portarlo in giro per il continente: prima Barcellona, poi Parigi, finalmente Bruxelles il 10 ottobre, poi Londra e, a chiudere il cerchio, l’ultima tappa proprio ad Amsterdam. “Le città non le ho scelte io ma l’alchimia ha voluto così, è tutto un effetto per la mia dipartita, si chiude un cerchio e adieu!”
Questo sarà il tuo primo tour fuori dai confini italiani?
Sì, ho avuto qualche esperienza all’estero ma veramente circoscritta. Ho suonato in Polonia tanti anni fa, quest’anno ho suonato a Budapest. Ho fatto un paio di date in America, ma questo è il primo vero tour europeo.
Perché hai deciso di farlo?
Ti dico la verità, io gli scorsi anni potevo essere tentato da questo tipo di esperienza ma ho sempre pensato di essere un po’ troppo italiano nelle mie cose, nella mia interpretazione del rap, della musica, dello spettacolo. Quest’anno invece ho cominciato a pensare che questo mio essere così particolare, così italiano, poteva in qualche modo non so se funzionare ma sicuramente interessare. Ho notato questa cosa perché ho mixato il disco in America e molte persone americane sono venute in contatto con la mia musica e hanno mostrato interesse.
Insomma l’essere “molto italiano” potrebbe essere un punto di forza anziché un limite?
Io ho un mio modo di intendere la musica e l’arte in generale e questo, almeno personalmente, non lo vedo come un limite ma come un punto di forza. Non so come lo veda l’ascoltatore ma io da questa parte lo vedo come una mia caratteristica positiva.
Con questo tour pensi di intercettare soprattutto italiani all’estero o anche stranieri?
Io spero che ci siano anche stranieri. Ovviamente mi piacerebbe ci fossero italiani ma qualche curioso di fuori che possa magari dirmi anche che sensazioni riceve dallo spettacolo non sarebbe male.
È la tua prima volta a Bruxelles?
Esattamente. Anche se ho un fan di Bruxelles che viene in Italia a vedermi e l’ultima volta mi ha portato una cassa di Duvel, che non fa mai male. Non sono mai venuto neanche da visitatore e purtroppo anche in questo giro non riuscirò a colmare la lacuna perché cinque date in sette giorni non sono propriamente rilassate ma ci tornerò sicuramente.
Qui probabilmente ti troverai davanti molti expat. Tu hai mai pensato di trasferirti?
Ultimamente sì. Se avessi avuto vent’anni sicuramente sarei all’estero, all’estero in un posto che funzioni soprattutto, anche se nel mondo occidentale crollano come castelli di carta i vari Stati. Ho una curiosità tale che mi porterebbe a voler vedere più posti possibile. Comincio a sentire la necessità di confrontarmi con altri tipi di realtà.
A Bruxelles moltissimi italiani vengono per lavorare con le istituzioni europee. Tu ci credi nell’Europa?
Se ne parliamo politicamente non saprei cosa dirti perché vivo in uno Stato che già fatica a sentirsi italiano quindi comincia a perdere di fascino per me anche l’idea politica dell’Europa. L’idea di Europa culturale invece quella sì mi interessa, me ne sento parte e vorrei sentirmi ancora più parte di questo sistema culturale anche perché c’è una concentrazione di patrimonio Unesco in Europa che è pazzesca. Quella è l’Europa di cui mi sento europeista. Mi sento parte dell’Europa come cittadino e come fruitore delle cose belle dell’Europa. Poi per la politica come italiano ne sono disinnamorato perché non abbiamo una grande scuola.
Per il concerto è già tutto pronto? Cosa ci dobbiamo aspettare?
Il concerto è una versione “mignon” di quelli che ho proposto in Italia. Qui ho un’esperienza tale che mi concede di salire sul palco con un investimento notevole in scenografie. Non posso fare la stessa cosa nei club ovviamente. È una versione piccola ma sono contento di poterlo fare perché mi ricorda i primi passi che ho mosso e c’è un entusiasmo particolare quando sali sul palco e nulla viene dato per scontato
Che legame c’è tra arte e musica in questo disco?
E’ un museo il mio disco. Si intitola “Museica” perché è un museo in musica. Ogni canzone di questo disco è venuta fuori dall’osservazione di un quadro e quindi di fatto è una sorta di audioguida. È una spiegazione molto particolare, molto lunga, in alcuni casi didattica. È un lavoro molto corposo dal punto di vista artistico nel senso più ampio. Molto spesso la musica è un pretesto per raccontare anche altri tipi di arte. In questo caso tutto l’album è infarcito di citazioni, rimandi della pittura…
Eri già un appassionato d’arte o è stata una scoperta?
No, è stata una scoperta dettata dalla mia lacuna nel campo. Non sopportavo di averla e l’ho colmata componendo un disco
C’è un opera a cui sei più legato?
Sicuramente quello che è stato il big bang del disco. Un quadro di Van Gogh che si intitola “Natura morta con Bibbia”, che non è uno dei più popolari ma di certo quello che mi ha acceso questa scintilla. Ma comunque mi piace tutto l’impressionismo e tutto quello che è venuto dopo il classicismo, quello che ha stravolto le regole. Come artisti sono molto affascinato dai dadaisti e quindi dall’arte che si prende gioco di sé che non si prende sul serio, che cerca nuove strade sempre. Un po’ come me.
Qui il link per acquistare i biglietti del concerto di Bruxelles