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Home » Cronaca » Arriva da Bologna la sigaretta del futuro

Arriva da Bologna la sigaretta del futuro

Philip Morris punta sul fumo, di tabacco, senza fuoco. Potrebbe essere meno nocivo, ma ancora gli studi a riguardo non sono conclusi. Renzi loda l’investimento da 500 milioni che punta sull’innovazione e creerà 600 posti di lavoro

Domenico Giovinazzo</a> <a class="social twitter" href="https://twitter.com/@giopicheco" target="_blank">@giopicheco</a> di Domenico Giovinazzo @giopicheco
11 Ottobre 2014
in Cronaca
Il futuro stabilimento di Philip Morris

Il futuro stabilimento di Philip Morris

Un investimento da 500 milioni di Euro per realizzare uno stabilimento dedicato alla produzione della ‘sigaretta del futuro’. Philip Morris ha presentato ieri la sua iniziativa industriale che darà lavoro a 600 persone. Un investimento “basato sull’innovazione”, ha detto Andrè Calantzopuolos, Ceo di Philip Morris International, presentando il futuro stabilimento di Crespellano, nei pressi di Bologna.

 L’innovazione è l’elemento sottolineato anche dal presidente del Consiglio Matteo Renzi, il quale ha apposto la firma sulla prima pietra dell’impianto in costruzione e tagliato il nastro della fabbrica pilota già attiva a Zola Predosa, a pochi chilometri da Crespellano. Secondo Renzi, è significativo che “una azienda leader investa sull’innovazione, non accontentandosi delle quote di mercato che ha”. Il governo – promette il premier – intende sostenere iniziative imprenditoriali che puntino sullo sviluppo tecnologico. Secondo Renzi, per farlo è necessario procedere con la riforma del mercato del lavoro e con quella del sistema fiscale.

 L’obiettivo è creare quello che Federica Guidi ha definito “un ambiente favorevole agli investimenti”. Il ministro dello Sviluppo economico, presente all’evento, ha sottolineato come l’esecutivo voglia “sostenere le aziende che hanno una idea industriale e puntano sull’innovazione”, sia che si tratti di piccoli imprenditori o di grandi multinazionali.

 Intanto, nello stabilimento pilota della Philip Morris si sta realizzando la produzione che verrà lanciata nelle prossime settimane a Milano e a Nagoya (Giappone), città scelte dall’azienda statunitense per testare commercialmente la nuove ‘sigarette’. Le virgolette sono d’obbligo, perché questi “prodotti a rischio potenzialmente ridotto”, come le chiamano in Philip Morris, hanno poco a che fare con le classiche sigarette.

 Il nome commerciale è iQuos. Si tratta di una sorta di ibrido tra le sigarette elettroniche e quelle tradizionali. Per fumarle – ma sarebbe meglio dire aspirarle – è necessario un dispositivo digitale, nel quale vengono inseriti degli stick somiglianti a una sigaretta, la cui lunghezza è di un terzo rispetto a quella tradizionale. Il tabacco è presente sottoforma di una sfoglia sottile. La si ottiene da un composto simile a una marmellata di foglie di tabacco e altri elementi “tutti di origine alimentare”, assicura l’azienda, pur mantenendo il massimo riserbo sugli ingredienti. La sfoglia di tabacco viene poi arrotolata insieme con tre tipi di filtri. La sigaretta non brucia. A differenza di quella tradizionale che arde a 800 gradi, questa si scalda a 80, senza combustione dunque e liberando qualche migliaio in meno di prodotti chimici, e produce “un aerosol” che si aspira, per “una sensazione il più vicina possibile a quella di una sigaretta”, assicura il produttore.

 La iQuos, come anticipato, viene definita un “prodotto di tabacco a rischio potenzialmente ridotto” rispetto alle attuali sigarette. Philip Morris è attenta alla scelta lessicale. Quel ‘potenzialmente’ indica che ancora le evidenze empiriche non sono sufficienti per affermare che provochino danni minori. “Stiamo conducendo dei rigorosi studi scientifici e clinici”, ha dichiarato Calantzopuolos. I primi risultati “sono più che incoraggianti – ha proseguito – ma non faremo comunicazioni definitive finché l’evidenza scientifica non sarà completata”.

 Al momento, quindi, la multinazionale mantiene una certa cautela. E si propone di collaborare con le autorità, italiane ed europee – lo sta facendo già con la statunitense Food and drug administration – perché gli studi condotti siano sottoposti a verifica. In ogni caso, anche se davvero rappresentano un rischio inferiore rispetto alle sigarette normali, non vuol dire che le iQuos non possano far male. Tanto è vero che, sui pacchetti da 20 che saranno venduti, campeggia una scritta analoga a quella obbligatoria per le normali sigarette.

Tags: BolognaFederica GuidiMatteo RenziPhilip Morrissigaretta elettronicasigarettestabilimentotabacco

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