“Non abbiamo bisogno di pressioni esterne né di incentivi per attuare le riforme”. Pier Carlo Padoan respinge al mittente critiche, dubbi, e rimproveri. L’Italia terrà fede ai propri impegni perché questo è l’impegno assunto. E chi pensa che il nostro Paese possa rappresentare un problema, dice il ministro dell’Economia, si ricreda. È vero, dice in audizione a Strasburgo di fronte alla commissione Affari economici del Parlamento europeo, “abbiamo in Italia un livello di debito pubblico che è molto elevato, ma è sostenibile”.
Ufficialmente a Strasburgo per esporre i risultati del semestre italiano di presidenza del Consiglio Ue, Padoan, si ritrova chiamato a rispondere di tutt’altro. Di Grecia, innanzitutto, ma qui glissa. “Sono un economista, e quindi non dovrei fare previsioni”, ma non è un mistero – perché è stato detto e ribadito più volte – che “nel percorso doloroso portato avanti deve ancora essere completata l’agenda di riforme”. Gli scenari legati al voto di fine mese? “Sono fiducioso che il nuovo governo terrà conto di questo e continuerà con gli sforzi profusi finora in pieno accordo con le istituzioni europee”, ma in questo momento – ammette il titolare del Tesoro – “la mia preoccupazione è il debito italiano, che è totalmente sotto controllo”. Lo è per le riforme fatte in passato, soprattutto “nel settore delle pensioni”, e perché “le riforme strutturali che abbiamo avviato aumenteranno la crescita”. Sia chiaro: il problema dell’Italia non è solo la recessione in cui il Paese è impantanato da tre anni. Questo governo sta affrontando “una serie infinita di questione in sospeso”, quei “decenni di occasioni perse per correggere” quanto c’era da correggere. L’Italia è in ritardo, e non potrà recuperarlo dall’oggi al domani, anche perché le riforme, quelle vere, hanno tempi tecnici. Per questo servono tempo, “fiducia reciproca”, e soprattutto flessibilità.
“La necessità di perseguire l’agenda articolata di riforme nazionali ed europee è ormai condivisa”. Questo Padoan non lo nega, così come davanti agli europarlamentari non nega che esiste oggi “la necessità di rafforzare l’ownership nazionale sulle questioni europee, tenendo conto degli orizzonti pluriennali delle gli effetti delle riforme”. Insomma, serve tempo. Chi non vede i frutti o i progressi degli sforzi compiuti, a Bruxelles o a Berlino, deve essere paziente. “L’Europa ha bisogno di essere flessibile”. Il che vuol dire che “è fondamentale un follow-up operativo dei margini di flessibilità previsti dal patto di stabilità”. La flessibilità “è qualcosa che possiamo usare per rilanciare crescita e occupazione”, è – detto in parole povere, “uno strumento” a disposizione. Non a caso, evidenzia ancora Padoan, il tema della flessibilità “è stato posto al centro del dibattito” in questi sei mesi di Consiglio Ue a guida italiana. Perché fino a prova contraria era di risultati della presidenza di turno che Padoan doveva parlare.