Bruxelles – Si chiamano “nuovi cibi”, anche se tanto nuovi non sono. Il loro carattere “innovativo” deriva dal fatto di essere consumati in maniera “significativa” nell’Ue solo a partire dal maggio 1997, e per questo non rientrano all’interno delle norme comunitarie sull’alimentazione. Una mancanza alla quale l’Ue vuole porre rimedio attraverso un nuovo regolamento, sul quale il Consiglio ha trovato un accordo che, dice una nota, accoglie le richieste del Parlamento europeo. Le nuove norme renderanno più veloce ed economico mettere sul mercato i “nuovi cibi” conservando un alto livello di protezione della salute umana. Nella pratica, una volta autorizzati, gli alimenti rientranti in questa categoria potranno essere venduti all’interno dell’Ue da qualsiasi operatore del settore. Questo eviterà alle aziende d’imbattersi in una burocrazia elefantiaca che le obbligava a ri-sottomettere la domanda di approvazione per ogni “nuovo cibo”, anche se questo era già venduto da altre aziende concorrenti. A beneficiarne dovrebbero essere soprattutto le Pmi.
Le nuove regole permetteranno anche di facilitare l’immissione nel mercato comunitario di cibi provenienti da Paesi terzi che, proprio in quei Paesi, sono già venduti da anni in maniera sicura. Al distributore sarà sufficiente dimostrare che questi alimenti sono già in commercio da 25 anni senza aver mai provocato problemi alla salute umana. La nuova normativa riguarderà in maniera esplicita anche il cibo derivante da animali clonati, finché non entrerà in vigore un regolamento specifico sull’argomento. Ora toccherà alla presidenza di turno del Consiglio informare ufficialmente il Parlamento europeo dell’avvenuto accordo, trasmettendo all’assemblea il testo che dovrebbe essere votato nella prima metà di luglio.