Bruxelles – Inutile insistere su un’idea che, lo si sapeva bene, non sarebbe mai passata. Inutile volere uno scontro diretto che, era facile prevedere, non avrebbe portato risultati. Alla vigilia della riunione dei capi di Stato e di governo chiamata a decidere sulla spinosa questione della ricollocazione dei migranti da Italia e Grecia agli altri Paesi europei, il Consiglio ha non pochi sassolini nelle scarpe. In molti non apprezzano la cieca ostinazione della Commissione nel “difendere fino all’ultima parola” (questa l’espressione ripetuta quasi quotidianamente dall’esecutivo Ue) l’idea che le quote debbano essere obbligatorie. Una battaglia persa in partenza: “L’idea di quote imposte da Bruxelles non passerà mai, il consenso non c’è, non c’è mai stato, almeno 12 Paesi sono contrari”, chiariscono fonti Ue. Questo la Commissione lo sapeva bene: poco sensato, lamentano quindi dal Consiglio, insistere su posizioni che stanno “avvelenando il dibattito”, anche il presidente Donald Tusk, si sottolinea, “è contrario all’idea di quote vincolanti perché crede sarebbero contro produttive”.
Secondo la bozza di conclusioni in circolazione e secondo le voci della vigilia, domani si riuscirà a concordare sull’idea di partire da luglio con la ricollocazione di 40 mila migranti da Italia e Grecia ma di lasciare decidere a Bruxelles quanti rifugiati devono essere accolti da ogni Paese non se ne parla proprio. “Tutti saranno invitati a partecipare” ma “insistere su misure unilaterali non aiuterà”, avvertono dal Consiglio.
Domani si dovrebbe invece tentare di spostare l’attenzione su altre dimensioni della questione meno divisive, come i ritorni e la collaborazione con i Paesi terzi. In particolare si dovrebbe parlare di come migliorare l’implementazione degli accordi di riammissione dei migranti in quei Paesi di provenienza che sono considerati sicuri, ma sul tavolo c’è anche la possibilità di incrementare gli aiuti allo sviluppo. Insomma il tema non è solo “aprire di più la porta ma anche come chiudere meglio la finestra”.