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Home » Economia » Boldrini: sì a ministro delle Finanze dell’Eurozona, ma sia legittimato

Boldrini: sì a ministro delle Finanze dell’Eurozona, ma sia legittimato

Per la presidente della Camera dovrebbe avere un bilancio "vero" a sua disposizione, essere accompagnato da un ministro dell'Economia reale, e avere legittimità democratica

Alessandro Ricci</a> <a class="social twitter" href="https://twitter.com/@Alessandricc" target="_blank">@Alessandricc</a> di Alessandro Ricci @Alessandricc
9 Febbraio 2016
in Economia

Roma – L’Eurozona ha bisogno di un ministro delle Finanze unico, ma deve avere anche un bilancio vero a sua disposizione ed essere legittimato democraticamente. Anche la presidente della Camera Laura Boldrini si unisce al coro di coloro che chiedono una riforma strutturale dell’Unione europea. Ieri i governatori delle Banche centrali di Francia e Germania avevano parlato della necessità di un ministro delle Finanze unico dell’Eurozona e in passato anche esponenti politici italiani come il sottosegretario agli Affari europei Sandro Gozi e Sergio Cofferati avevano fatto richieste analoghe. Ma Boldrini dal canto suo pone pone alcuni distinguo.

Parlando alla presentazione della Consultazione Europea promossa dai presidenti delle Camere basse italiana, tedesca, francese e del Lussemburgo, tenutasi all’Associazione della Stampa Estera a Roma, l’inquilina di Palazzo Chigi ha detto di ritenere “fortemente” che in Europa bisogna cambiare, ma bisogna farlo “in modo strutturale”. In questo senso è “importante”, la figura del ministro delle Finanze dell’Eurozona, “ma insieme ci vuole anche un ministro dell’Economia reale”, ci vuole “una legittimazione democratica a tutto questo”, e serve che questo responsabile delle Finanze abbia a disposizione “un bilancio che non può essere solo simbolico”. A fianco a queste figure serve, secondo Boldrini, anche “un parlamento che legittimi tutto questo”, altrimenti il ruolo rischierebbe di diventare “solo l’espressione di una volontà censoria”.

Proprio dall’istituzione di questi due ministri, secondo la Boldrini, dovrà “ripartire” il processo di integrazione europea, che sembra essersi fermato sotto i colpi della crisi e dei nuovi focolai nazionalisti, populisti e xenofobi. Non un’Europa a due velocità quindi, ma in generale più Europa, sotto il punto di vista della condivisione di sovranità, fino ad arrivare al federalismo basato sul modello statunitense. Non a caso la presidente indossava una spilletta USE (United States of Europe).

Il processo di integrazione dovrà seguire la via della solidarietà e dell’equità, ascoltando i cittadini, che, sempre secondo Boldrini, sono alla ricerca di minori disuguaglianze e del ritorno all’ascensore sociale. “Negli anni ’60 c’era la possibilità di aspirare ad una vita migliore, ora questo meccanismo si è inceppato, dovremmo istituire un reddito di dignità Europeo sostenuto da una Carbon Tax e da una tassa sulle transazioni finanziarie” ha dichiarato l’esponente di Sel rispondendo alla domanda di un giornalista.

L’integrazione non dovrà focalizzarsi solo su misure strettamente economiche, ma partire da una coesione politica e sociale e arrivare ad un Unione che parli con una sola voce, come in tanti sembrano chiedere in questo particolare periodo storico. La proposta in questo caso è quella di non basare le elezioni europee semplicemente su criteri regionalistici, che rischiano di inficiare il sentimento unitario, ma viceversa quella di creare delle liste di partiti sovranazionali che garantiscano la rappresentanza politica piuttosto che quella nazionale. Proposta che si sposa perfettamente con la richiesta del Premier Matteo Renzi di istituire le primarie per il candidato alla presidenza della Commissione Europea, in un’ottica di democratizzazione.

Infine, visto il grande impegno speso dalla presidente, non poteva mancare un richiamo alla questione migranti, ancora irrisolta per certi versi e in particolare a ridosso della visita di Laura Boldrini all’Isola di Lesbo in Grecia. L’invito agli stati membri è quello di fare il loro dovere ricordando che l’Europa è storicamente la patria dell’accoglienza e dei diritti e che, se vogliamo che il flusso diminuisca, dovremmo impegnarci di più per portare la pace in Siria, Afghanistan e Iraq.

Tags: eurozonaLaura Boldrini

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