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Home » Economia » La Brexit preoccupa il Fmi, che allarma sull’Italia

La Brexit preoccupa il Fmi, che allarma sull’Italia

Un abbandono dell'Ue da parte di Londra potrebbe provocare "un grave danno regionale e globale mettendo a rischio relazioni commerciali costituite"

Redazione</a> <a class="social twitter" href="https://twitter.com/eunewsit" target="_blank">eunewsit</a> di Redazione eunewsit
12 Aprile 2016
in Economia
Fmi, Brexit, Italia, previsioni

Bruxelles – La Brexit preoccupa il Fondo monetario. Lo scrivono gli economisti di Washington nel loro World Economic Outlook, nel quale sono contenute anche previsioni piuttosto preoccupate circa l’Italia.

 Rischi da Brexit

Una “Brexit” – avvertono gli economisti di Washington – potrebbe provocare “un grave danno regionale e globale mettendo a rischio relazioni commerciali costituite”. Secondo il Fmi, il referendum in calendario a giugno sulla possibile uscita del Regno Unito dall’Unione europea ha “già creato incertezza per gli investitori”. La rivolta “contro l’integrazione economica globale rischia di bloccare, se non di invertire, il trend del dopoguerra e rapporti commerciali ancora più aperti”, rimarcano gli esperti del Fondo sottolineando come il fenomeno non riguardi solo l’Europa ma anche gli Stati Uniti. (Passaggio tratto da repubblica.it)

 La situazione in Italia e nel resto del Mondo

L’economia italiana mostra una crescita “più debole del previsto” e nel 2016 registrerà un incremento del Pil limitato all’1% che salirà marginalmente, all’1,1% l’anno prossimo. La disoccupazione, tuttavia, continuerà a diminuire in misura visibile, con un calo che nel biennio è quantificato in un punto percentuale passando dall’11,9% registrato lo scorso anno, al 10,9% previsto per il 2017 con un passaggio all’11,4% quest’anno: si tratta di un calo di dimensioni analoghe a quello dell’Eurozona, che toccherà il 9,9% nel 2017.

E’ la previsione del Fondo Monetario Internazionale che, nell’ultimo World Economic Outlook – presentato a Washington – si mostra più pessimista del governo, che venerdì scorso, nell’ultimo Documento di economia e finanza (Def) , aveva attestato le stime di crescita del Pil rispettivamente all’1,2% e all’1,4%. Il caso italiano non è comunque isolato nel contesto della zona euro, che nel suo complesso ha registrato un taglio delle stime rispetto a gennaio e dove si prevede che la “modesta ripresa continui nel 2016-2017 , con l’indebolimento della domanda esterna compensato dai prezzi dell’energia più bassi, da una modesta espansione fiscale e da condizioni finanziarie di sostegno”. Se la crescita media dell’area euro è prevista al +1,5% per quest’anno e al +1,6% per il prossimo, anche per le altre maggiori economie di Eurolandia si prevedono incrementi “modesti”: dall’1,5% e 1,6% della Germania, all’1,1% e 1,3% della Francia. Unica eccezione notevole la Spagna, per la quale gli economisti di Washington stimano una crescita rispettivamente pari al 2,6% e al 2,3%. Il Fondo monetario internazionale ha rivisto ancora al ribasso le previsioni di crescita globale. E questa volta ha lanciato un allarme sul rischio che questi continui tagli finiscano per vedere l’economia mondiale “rallentare alla velocità di stallo e cadere in una stagnazione diffusa e di lungo periodo”. Ad ogni modo, nell’ultima edizione del World Economic Outlook lo scenario di base di è accelerazione della crescita, seppur in maniera lievissima: al più 3,2 per cento quest’anno, a fronte del più 3,1 per cento del 2015, e con un ulteriore rafforzamento al più 3,5 per cento nel 2017. Si tratta però di valori di 0,2 e 0,1 punti percentuali più bassi, su 2016 e 2017, rispetto alle stime che erano state aggiornate lo scorso gennaio, e di ben 0,4 e 0,3 punti più bassi dal Weo dell’ottobre 2015.

Non va meglio nell’area euro, con più 1,5 per cento nel 2016 e più 1,6 per cento nel 2017, rispettivamente 0,2 e 0,1 pun ti in meno dalle stime di gennaio, né sull’Italia con più 1 per cento quest’anno e più 1,1 per cento il prossimo, 0,3 e 0,1 punti in meno. A pesare sono una molteplicità di problemi, si va dalla rinnovata volatilità dei mercati, ad una certa perdita di slancio nelle economie avanzate, ai continui “venti contrari” che spirano sui Paesi emergenti. Al tutto si aggiungono anche “diverse pressioni di natura non economica”, tra cui viene anche citata la minaccia terroristica, passando per l’ipotesi di Brexit ma più in generale anche sulla tendenza a “ripiegare sempre più sull’interno” della politica in Usa ed Europa, proprio mentre crescono le pressioni migratorie. “Non solo questi vari sviluppi ci spingono a ulteriori revisioni al ribasso delle nostre previsioni di crescita su 2016 e 2017 – afferma Maurice Obsfeld, capo economista nell’editoriale del Weo – ma suggeriscono anche esiti non previsti che sono al tempo stesso peggiori e più probabili”.

Insomma, il messaggio dell’istituzione di Washington non è propriamente rassicurante, sebbene si rilevino anche alcuni progressi. Ad esempio le Borse asiatiche hanno in parte recuperato gli scivoloni visti a inizio anno, i prezzi del petrolio hanno recuperato dopo i passati crolli, la fuga di capitali dalla Cina si è ridotta e le misure prese dalle Banche centrali hanno migliorato il clima. (Articolo di Luca Borsari per Askanews)

Tags: brexitFondo monetario internazionaleitaliaprevisioniWorld Economic Outlook

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