Roma – “Non modificheremo la nostra legge antiterrorismo”. L’ambasciatore turco in Italia, Adnan Sezgin, è netto nel confermare l’indisponibilità della Turchia ad accogliere le richieste dell’Unione europea per una modifica della normativa sul contrasto delle organizzazioni terroristiche, elemento che costituisce uno dei 72 parametri necessari per procedere alla liberalizzazioe dei visti tanto cara ad Ankara. In audizione davanti ai parlamentari del Comitato Schengen, il diplomatico ha spiegato che il suo Paese trova “strano che l’Europa insista per una definizione più flessibile di terrorismo e di terroristi, mentre Ankara sente la necessità di mantenere misure rigide”, perché “le attività terroristiche sono aumentate dal giugno 2015”, in corrispondenza della “violazione del cessate il fuoco da parte del Pkk”, il Partito del lavoratori del Kurdistan.
“Gli attentati degli ultimi mesi a Istanbul” e nella capitale turca, ha proseguito l’ambasciatore, hanno mostrato “il volto più spietato del terrorismo ad opera del Pkk, delle Ypg (milizie curdo-siriane accusate dalla Turchia di collaborare con il Pkk, ndr) e del Daesh”. Di fronte a queste “sfide di portata significativa”, dunque, “non possiamo adottare misure che possano intaccare la nostra posizione contro il terrorismo”.
Una modifica della normativa anti-terrorismo turca, attualmente tanto ampia da includere anche interventi contro i media, per renderla più in linea con i parametri Ue è una delle condizioni per procedere alla liberalizzazione dei visti, uno dei punti previsti dall’accordo Ue-Turchia per il contenimento dei flussi migratori verso l’Europa. Sezgin ha tuttavia auspicato che il processo di liberalizzazione possa proseguire e che “i Paesi dell’Ue tengano conto” delle accresciute minacce di attentati percepite da Ankara.
Secondo il rappresentante diplomatico, “sulla base di un protocollo siglato nel 1970, i cittadini turchi hanno diritto alla libertà di circolazione senza visto nell’Ue, come confermato anche dalla Corte di giustizia europea”. Riguardo all’iter per la liberalizzazione dei permessi, “la Turchia ha lavorato tanto per soddisfare i 72 parametri richiesti” dall’Ue e che “non possono essere considerati una formula matematica” per decidere sull’abolizione dei visti. Per Sezgin serve un “intervento politico” che sblocchi la situazione.
Oltre a un’accelerazione sulla liberalizzazione dei visti, Ankara chiede una maggiore rapidità nell’erogazione dei fondi con i quli l’Unione europea si è impegnata a contribuire alle spesa per l’accoglienza dei profughi siriani. Si tratta dei sei miliardi di euro che “serviranno solo per l’assistenza sanitaria e l’istruzione”, ha indicato l’ambasciatore, denunciando che “solo una piccola parte è già stata erogata”, e dunque “stiamo cercando soluzioni per accelerare” la completa attribuzione delle risorse.