Milano – Il direttorio della Bce si è riunito a Vienna, in occasione del duecentesimo anniversario della Banca Nazionale Austriaca, e come da attese non ha toccato il costo del denaro, mentre ha rivisto solo leggermente al rialzo le stime sulla ripresa europea, che il governatore Mario Draghi definisce “stabile ma modesta”, con un rallentamento previsto nel secondo trimestre dell’anno.
Il tasso di rifinanziamento principale resta a quota 0%; i mercati, d’altra parte, non si attendevano nuove misure di supporto all’economia, dopo quelle varate a fine 2015 e inizio 2016. La Bce ha spiegato che il tasso di rifinanziamento marginale e quello sui depositi restano allo 0,25 e al -0,4% (le banche pagano se lasciano la loro liquidità sui conti correnti di Francoforte), livelli fissati il 16 marzo. Mario Draghi ha spiegato che i livelli resteranno questi o saranno più bassi per lungo tempo, anche oltre la fine del Quantitative easing prevista al più presto per il marzo 2017. Nella breve nota post-consiglio, l’Eurotower ha aggiunto che dall’8 giugno estenderà il programma d’acquisto di titoli a quelli emessi dalle aziende, mentre il 22 giugno si terrà la prima asta di liquidità con condizioni molto vantaggiose per le banche che si impegneranno a girare i soldi all’economia reale.
Le aspettative di inflazione. I pronostici della vigilia davano ampiamente per scontato il permanere dei livelli di tassi definiti nella riunione del 16 marzo scorso, tanto che le attenzioni si sono focalizzate su altri aspetti della riunione viennese della Banca centrale. A cominciare dalle previsioni dei livelli di inflazione e di crescita. Draghi ha sottolineato in conferenza stampa che “la ripresa economica sta continuando”, ma è ancora penalizzata dalle difficoltà dei mercati emergenti e dal passo lento delle riforme. Alla luce di questi fattori, lo staff economico della Bce ha rivisto le previsioni di crescita del Pildell’area con la moneta unica all’1,6% nel 2016 e all’1,7% nel biennio successivo: si tratta di un dato migliore, per quest’anno, rispetto alle stime di marzo (era +1,4%), mentre restano di fatto invariato per i prossimi due anni (erano rispettivamente +1,7 e +1,8%). Anche l’inflazione è stata leggermente rivista al rialzo: si aspettano ora prezzi in crescita dello 0,2% nel 2016 (dal precedente 0,1%), poi si prevedono tassi di 1,3% e 1,6% (invariati sulle stime di marzo).
Draghi ha posto l’accento sull’attenzione che la Bce pone nel monitorare gli effetti secondari (cioè sulla dinamica di salari e prezzi) dell’inflazione. Dal governatore è arrivato l’ennesimo invito alla politica a fare di più per dare concretezza alle misure monetarie adottate dalla Bce, che da sole non possono dare la scossa all’Eurozona: ha richiesto in particolare misure per aumentare la produttività.
Quanto al tema Brexit, l’Eurotower si è definita pronta a qualsiasi esito del referendum, ma Draghi ha espresso l’auspicio che la Gran Bretagna resti nella Ue.
In un report alla vigilia della riunione, l’agenzia di rating Standard&Poor’s aveva elencato tre fattori che giocano a favore di una revisione delle stime di inflazione. Innanzitutto, i prezzi del petrolio – con il Brent che tratta poco sotto 50 dollari al barile – sono del 30% più alti rispetto alle ultime assunzioni di Francoforte. Prezzi energetici più alti avranno direttamente impatto, soprattutto nel prossimo anno, sull’inflazione principale dell’Eurozona, che pure ad aprile era ancora risultata in negativo con un -0,2% annuo. Ci sono poi più indizi che lasciano pensare a un incremento dei tassi da parte della Federal Reserve, probabilmente nella riunione di luglio; i mercati lo aspettano e non è un caso che dalla fine di aprile l’euro si sia indebolito del 3% contro il dollaro. Una moneta unica più bassa renderebbe più alto il costo per acquistare beni in dollari, con l’effetto di far risalire l’inflazione. Da ultimo, bisogna considerare i segnali di ripresa dell’economia dell’Eurozona che hanno direttamente effetto sul livello dei prezzi.
Anche il tema Grecia è stato presente sul tavolo dei banchieri centrali, che hanno visionato una “presentazione” ma non hanno ancora preso alcuna decisione al riguardo: l’assenza di passi avanti ha fatto schizzare i rendimenti dei titoli a due anni di una trentina di punti base. L’Eurogruppo del 25 maggio ha chiesto piccoli correttivi al governo di Alexis Tsipras per liberare una tranche di aiuti da 7,5 miliardi, che consentirebbero ad Atene di rimborsare la Bce per 2,3 miliardi di bond in scadenza al 20 luglio. L’Eurotower, se tutto andrà per il verso giusto, potrebbe riaprire un canale di credito per le banche greche, dando loro la possibilità di tornare a finanziarsi con le normali operazioni di politica monetaria della Bce in deroga alle norme che escludono i Paesi con rating insufficiente. Da ormai quindici mesi, infatti, gli istituti ellenici si approvvigionano attraverso il programma Ela, Emergency Liquidity Assistance, che però ha costi ben maggiori. Per fare questo passo, però, Draghi ha spiegato di aspettare il completamento dell’accordo tra Atene e i suoi creditori e le decisioni del meccanismo di stabilità europea; in ogni caso, ci sarà bisogno di un altro board per decidere se ripristinare le condizioni di accesso alle operazioni monetarie per le banche elleniche.
Notizia tratta da Repubblica.it.