Bruxelles – I giovani palestinesi che escono dalle scuole di Gaza “sono qualificati e motivati ma non troveranno un lavoro”, perché la percentuale di disoccupazione giovanile nella Striscia “è del 65%, una delle più alte del mondo, e non vedo come questi parametri possano essere riconciliabili con questioni di sicurezza, legittime o meno”. Per il commissario generale dell’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi (Unrwa), Pierre Krähenbühl, “non si può creare stabilità o sicurezza dove ci sono il 65% di giovani disoccupati”, anzi quello che si crea “è solo altra frustrazione e scontento”.
Parlando in audizione alla commissione Affari esteri del Parlamento europeo, Krähenbühl ha affermato che a Gaza “la fabbrica sociale è stata fatta a pezzi”, e “le persone non hanno prospettive”. E queste prospettive non possono cercarle neanche altrove visto che “il 90% dei 250mila ragazzi che frequentano le nostre scuole non hanno mai lasciato la Striscia”, ha sottolineato Krähenbühl, spiegando che nel 2015 su un milione e 800mila abitanti solo a 10mila persone è stato permesso di uscire da Gaza, e questo “significa che in media una persona può aspettarsi di uscire ogni 180 anni”.
Nel conflitto tra Israele e Palestina i giovani sono i più scontenti, e non a caso sono quelli che si stanno rivoltando di più. “Da ottobre c’è stato un aumento delle agitazioni nei territori occupati, i cui responsabili erano soprattutto giovani nati dopo l’accordo di Oslo”, stipulato nel 1993 Yitzhak Rabin e Yasser Arafat con la mediazione di Bill Clinton. “A loro era stato detto che se avessero creduto in un processo politico, se fossero stati sono moderati, avrebbero ottenuto una ricompensa alla fine della percorso, ma questa ricompensa non c’è stata”, ed è “pericoloso quando persone che hanno vissuto con la speranza che il processo politico avrebbe portato a qualcosa vedono fallire le loro speranze”.