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Home » Editoriali » Lettera da Londra

Lettera da Londra

Diego Marani di Diego Marani
18 Giugno 2016
in Editoriali
brexit Londra, Marani

Londra vive stranita questi ultimi giorni prima della data fatale. Sembra stanca di sentirne parlare. Ma forse più di ogni altra cosa impaurita. Non tanto dagli scenari catastrofici che prestigiosi osservatori immaginano nel caso del Brexit, quanto dell’anima populista e violenta che è inaspettatamente emersa sulla scena politica inglese.

Non si erano mai visti qui i toni da rissa cui noi invece ci siamo ormai tristemente abituati. I giornali con la foto di Jo Cox, la parlamentare laburista assassinata nello Yorkshire ora giacciono accartocciati sui sedili della metropolitana e alla televisione si susseguono omaggi alla giovane uccisa proprio nel momento più autentico del suo lavoro, in una visita alla sua circoscrizione. In questi giorni il Regno Unito si riscopre un paese di hooligan, non solo per gli scalmanati che devastano le città francesi, ma per quegli altri, in giacca e cravatta, che in televisione si insultano e si denigrano con una violenza mai vista prima. Il Free Word Centre è un piccolo centro culturale lungo Farringdon Road, in un quartiere una volta cadente, abitato dall’emigrazione povera italiana che ora brulica di ristoranti e pub alla moda. Qui 16 editori indipendenti inglesi hanno organizzato una loro campagna di sostegno al movimento Britain Stronger in Europe presentando ogni settimana diversi scrittori europei la cui opera travalica le culture nazionali e ha un respiro continentale. C’è il belga Dimitri Verhulst, c’è la danese Kirsten Thorup, c’è il bulgaro Alek Popov e ci sono anche io, ma per la Finlandia, non per l’Italia, con la mia “Nuova grammatica finlandese”. L’Italia la rappresenta invece Antonio Pennacchi.

Si respira un’aria da anni Settanta nella sala vetrata, adorna di libri e scritte murali, anche se l’architettura è moderna. Qui soffia ancora un flebile vento di impegno sociale, di politica ruspante. Il pubblico è giovane e scapigliato. Ricorda il popolo dei nostri cineforum, quelli del dibattito no. “A cultural case for Europe” è il titolo dell’iniziativa e nella discussione tutti ci sgoliamo a dire quanto la cultura ci lega, noi europei, proprio grazie alla letteratura, che scava tunnel invisibili fra i compartimenti stagni delle nostre culture nazionali da cui passano idee e contaminazioni. Si cercano le frontiere da abbattere e subito andiamo a sbattere contro quelle linguistiche. Per fortuna che c’è la traduzione, dice il moderatore, ma la traduzione non fa popolo, non fa opinione pubblica. Quanti europei leggono i giornali degli altri paesi, anche loro vicini? Magari abbiamo le stesse preoccupazioni e speranze, ma non lo sappiamo. Qualcuno dal pubblico addita la dispotica burocrazia europea e la sua volontà di potenza. Inutile spiegargli che a Bruxelles decidono i governi e non i burocrati. Anzi, neppure decidono ed è questo il vero guaio.

Un giornalista dal parlare forbito conferma che Shakespeare e Dante, Proust e Joyce saranno sempre lo zoccolo duro del nostro comune pensiero letterario e alza le spalle quando gli faccio notare che nessuno li legge più, come che non fosse affar suo. Così si perde negli slogan il dibattito, e alla fine diventa inevitabile concludere che una letteratura europea non c’è. Ci sono le letterature europee. Ognuna chiusa nella propria bolla, con i suoi premi ed i suoi santoni e che la bella trovata di Umberto Eco quando definì la traduzione la vera lingua comune europea vale solo per quelli che hanno una cultura come la sua.

All’aperitivo che segue, da bere c’è Cava, birra Peroni e sidro, con un buffet eclettico senz’anima, metà indiano, metà greco, forse anche questo un messaggio culturale. Fuori si attarda la serata londinese. Dopo tanta pioggia il cielo è sgombro. Gli autobus scorrono ancora gocciolanti, illuminati come carri di giostre sulle strade lucide. Un mendicante suona il sassofono davanti alla stazione di King’s Cross e la gente si affolla sulle terrazze dei pub, scamiciata malgrado il freddo, con in mano l’immancabile pinta del venerdì sera. Che non sarà la sola. Da ogni angolo gli schermi mandano le partite. Morata segna il secondo goal e la Turchia affonda. Qualcuno acclama, sono turisti spagnoli. Un titolo sulla vetrina di un’edicola anticipa il Times di domani. Dopo il lutto per l’assassinio di Jo Cox la campagna referendaria riprende. Si affilano i coltelli delle ultime schermaglie prima del voto.

Tags: brexitdibattitoFree word centrelondramaraniscrittori

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