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Home » Cronaca » Sì del Parlamento Ue: nasce la nuova guardia costiera e di frontiera

Sì del Parlamento Ue: nasce la nuova guardia costiera e di frontiera

Il nuovo piano per la difesa delle frontiere europee da immigrazione e terrorismo prevede risorse per 280 milioni per ogni anno a partire dal 2016 e 1.500 nuovi funzionari che interverranno nel caso di cattiva gestione dei confini da parte di uno stato membro

Lisa D'Ignazio</a> <a class="social twitter" href="https://twitter.com/@DIgnazioLisa" target="_blank">@DIgnazioLisa</a> di Lisa D'Ignazio @DIgnazioLisa
6 Luglio 2016
in Cronaca

Bruxelles – Il Parlamento europeo ha approvato l’istituzione della nuova Agenzia di guardia costiera e di frontiera europea, che sostituirà Frontex e sarà operativa da settembre. Un sistema di controllo delle frontiere esterne più eurocentrico che si basa sulla collaborazione tra funzionari dell’agenzia europea e autorità dei paesi membri. A votare a favore della risoluzione sono stati 483 eurodeputati, 181 sono stati i contrari e 48 le astensioni.

“Se vogliamo affrontare meglio l’immigrazione e conservare la libera circolazione nell’area Schengen, abbiamo bisogno di rafforzare il controllo comune delle frontiere esterne”. Questa la posizione europea espressa dalla dichiarazione congiunta del Primo Vice presidente della Commissione europea Frans Timmermans e del Commissario all’immigrazione Dimitris Avramopoulos.

Con la nascita della nuova agenzia di guardia costiera e di frontiera, le nazioni che si trovano sotto una forte pressione migratoria continueranno a gestirla quotidianamente a livello nazionale, ma potranno richiedere un aiuto a Bruxelles in caso di emergenza.

La nuova agenzia nasce per superare alcune debolezze di Frontex che ne hanno notevolmente ridotto le capacità di intervento: la mancanza di risorse proprie e di personale operativo autonomo, l’assenza di autonomia per operazioni di rimpatrio o gestione di frontiere, senza la richiesta preliminare dello stato membro.

Sono previste maggiori risorse, 280 milioni per ogni anno a partire dal 2016 e che potranno arrivare fino a 322 milioni di euro nel 2020, ma anche maggiori poteri sul fronte dei rimpatri dei migranti verso i paesi d’origine. I richiedenti asilo potranno, tuttavia, essere rimandati da dove sono arrivati solo se la decisione sia stata presa dalle autorità nazionali dello stato membro.

Gli interventi previsti vanno dalla gestione dell’immigrazione, alla lotta contro i reati connessi all’immigrazione irregolare fino alle operazioni di salvataggio. Il coordinamento e la condivisione delle informazioni sarà fatta insieme ad altre due agenzie europee: l’Agenzia europea di controllo della pesca (EFCA) e dell’Agenzia europea per la sicurezza marittima (EMSA).

Peter Niedermüller del gruppo dei Socialisti e Democratici in Parlamento ha ricordato come il suo partito abbia spinto per far sì che “l’agenzia avesse come mandato specifico quello di aiutare le operazioni di ricerca e salvataggio per evitare ci siano che altre morti inutili nei mari europei”.

“Riorganizzare il sistema di pattugliamento sotto l’egida Ue – commenta l’eurodeputata del Pd Michela Giuffrida – è fondamentale per non lasciare ai singoli paesi, e l’Italia ne ha scontato le conseguenze senza per questo far mancare la propria concreta solidarietà ai migranti, l’onere della gestione dei flussi”.

Uno dei punti più controversi del testo approvato resta quello relativo al “diritto di intervenire” da parte dell’Agenzia sugli stati membri. E’ un diritto che sarà attivato in casi di cattiva gestione dei confini esterni dell’Unione da parte di uno stato membro. In questo caso il Consiglio, in seguito a una proposta della Commissione, può adottare rapidamente , ma maggioranza qualificata una decisione chiedendo all’Agenzia di intervenire, e allo Stato membro in oggetto di cooperare. Ma lo stato può anche porre il veto all’operazione. In questo caso gli altri stati europei possono temporaneamente reintrodurre controlli ai confini interni fino a un tempo massimo di due anni, sospendendo di fatto Schengen.

Se per alcuni europarlamentari l’intervento dell’agenzia europea viene considerata una limitazione della propria sovranità nazionale, per il Presidente del Gruppo Ppe Manfred Weber è giusto che “coloro i quali non proteggono le frontiere esterne comuni dai rischi dovranno essere temporaneamente esclusi dall’area Schengen. Spetta ora agli Stati Membri cambiare il loro atteggiamento non collaborativo che mira a arricchirsi e a realizzare vantaggi personali”.

Il compito di controllo e gestione sarà affidato, oltre che ad un personale permanente dell’agenzia più che raddoppiato, ad un team di esperti dell’Agenzia, circa 1.500 persone, di cui 125 provenienti dall’Italia, impiegate sul territorio europeo come ufficiali di collegamento per monitorare la gestione delle frontiere esterne da parte degli stati ed effettuerà valutazioni di vulnerabilità. Ogni ufficiale si occuperà di controllare fino a quattro paesi tra loro geograficamente vicini. Il Parlamento europeo sarà costantemente informato attraverso periodiche relazioni e il suo ruolo è stato notevolmente rafforzato nella procedura di selezione del Direttore della nuova Agenzia.

Oltre che sui propri confini esterni, l’agenzia si apre anche ai paesi terzi attraversati dalle principali rotte dei viaggi della disperazione. L’agenzia di guardia costiera riceverà un nuovo mandato per operazioni congiunte con paesi terzi, ripetendo il metodo europeo di gestione dell’immigrazione inaugurato con il recente accordo siglato tra l’Ue e la Turchia per il rimpatrio di migranti entrati irregolarmente nel territorio Ue. Amnesty International si è detta preoccupata della partnership dell’Ue con i paesi terzi su frontiere e rimpatri. Lo ha spiegato Antonio Marchesi, Presidente di Amnesty International Italia, in audizione presso il Comitato Schengen del Senato italiano. “Queste intese, ha detto Marchesi, non tengono conto delle violazioni dei diritti umani in quei paesi e si rischiano violazioni anche gravi del diritto internazionale e diritti dei rifugiati”.

Forti critiche sono arrivate anche dall’aula di Strasburgo. La vice presidente del gruppo dei Verdi e portavoce per la politica dei rifugiati Ska Keller sostiene che “il piano trasformerà Frontex in un’agenzia di difesa dei confini e deportazione. Invece di essere ispirata ai principi di protezione umanitaria, questa struttura penalizza i paesi membri che accolgono troppi rifugiati o che deportano troppe poche persone che non hanno diritti a rimanere sul suolo europeo”. Al contrario, per i relatori del testo, la risoluzione assicura un rafforzamento della salvaguardia dei diritti fondamentali attraverso riferimenti specifici ai diritti dei bambini e alle persone con disabilità.

A beneficiare del nuovo meccanismo di protezione delle frontiere non saranno i rifugiati neppure per l’eurodeputato del M5S Ignazio Corrao che invece ritiene che “promuoverà i profitti delle industrie del settore militare che già vendono armi nelle aree di conflitto da cui fuggono i profughi e che adesso stanno traendo profitto dalla crescente militarizzazione delle frontiere dell’Unione europea, e aggiunge, l’italiana Finmeccanica-Leonardo è tra queste e poi ancora Indra o Thales”.

Il progetto di un meccanismo di gestione condivisa delle frontiere esterne si basa sull’articolo 77 del TFUE, che pone come obiettivo quello di “instaurare progressivamente un sistema integrato di gestione delle frontiere esterne”. Avanzata per la prima volta il 15 dicembre del 2015 dalla Commissione europea, il 22 giugno del 2016 il Coreper, Comitato dei Rappresentanti Permanenti, ha confermato, sulla scia del Consiglio, il testo uscito dal confronto con il Parlamento. Dopo essere stato approvato alla Commissione Affari civili, il testo è stato approvato dal Parlamento riunito in sessione plenaria e presentato come una risposta concreta all’emergenza migratoria degli ultimi anni.

Tra il gennaio e il novembre 2015 si stima che un milione e mezzo di persone abbiano attraversato illegalmente le frontiere esterne dell’UE: il massimo mai registrato. Tra il luglio e il settembre 2015, 413 800 persone hanno presentato domanda di protezione internazionale negli Stati membri: il doppio rispetto al secondo trimestre del 2015. Contemporaneamente, molte altre persone dormono nei fondali del Mare Nostrum: nel 2014 sono state 3480 le persone annegate, 3770 nel 2015 e 3639 nei primi mesi del 2016.

La forte pressione migratoria sui confini europei esterni dell’ultimo anno non solo ha indebolito i vari sistemi nazionali di protezione delle frontiere esterne, ma ha anche creato non pochi problemi anche sui confini interni che nell’area dei 26 paesi Schengen permettono la libera circolazione dei cittadini. Non hanno aiutato a gestire la situazione i continui attacchi terroristi a cui sono stati sottoposti paesi europei e non e che hanno aumentato il senso di insicurezza dei cittadini.

Secondo un recente Eurobarometro, il sondaggio sulle percezioni e aspettative dei cittadini europei, circa due terzi della popolazione europea (71%) vorrebbe che l’Europa intervenisse di più nella gestione delle frontiere esterne. Non ci sono evidenti differenze di opinione tra i cittadini dei vari stati, ad eccezione degli svedesi (48%). I più convinti sostenitori dell’intervento europei sono gli abitanti di Cipro (86%), della Repubblica ceca (81%) e di Malta (80%). Altri paesi chiedono un intervento più debole, ma comunque consistente dell’Europa: come Croazia (61%) e Olanda (64%). Solo il 26% dei cittadini europei ritengono che il controllo europeo sulle frontiere sia sufficiente.

Tags: AgenziaAmnestyFrontexfrontiereguardia costieraparlamentorisoluzionestrasburgoUe

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