La parola chiave è “ordinata”. La Brexit non deve essere un pasticcio, deve essere rapida, leale e far meno danni possibili.
Questa è la questione decisiva legata al negoziato che si aprirà, formalmente, dopo il 22 maggio. Che Unione europea e Gran Bretagna debbano avere, anche dopo, “profonde” relazioni è nelle cose, nella storia, nei bisogni (soprattutto quelli britannici). E’ ovvio, oseremmo dire. Il problema è non incartasi strada facendo.
La parte forte in questo negoziato è l’Unione europea: 440 milioni di abitanti contro 60, un Mercato unico di 440 milioni di persone, il 9,5 per cento delle esportazioni che vanno verso il Regno unito contro il 44 per cento di quelle del regno che arrivano nel continente. Chi ha più da perdere è evidente. Loro sono forti in politica estera e come esercito? Vero, ma un conto è essere in politica estera come membro della parte più ricca del Mondo ed un conto da soli. Di uscire dalla Nato Theresa May non ne ha parlato, e per la sicurezza e l’antiterrorismo certo non possono decidersi a “fare da soli”.
May è convinta (dice di esserlo ora, ma prima stava con il Remain) che per la Gran Bretagna si aprirà un futuro radioso. Speriamo per loro che sia così, sinceramente.
Il problema è però fare in modo che tutto questo possa accadere e dunque si insiste, dalle due parti della Manica, sulla parola “ordinata”. Che poi sia “onesta”, “bilanciata”, “non discriminante” questa separazione non ci sono dubbi: stiamo parlando di grandi democrazie che si confrontano non di bande di predoni che si scontrano.
L’importante è non farsi portare lì dove non si vuole. Il negoziato avrà punti tecnicamente complessi, ma a livello politico non ci saranno grandi complicazioni. Già la lettera di May del 29 marzo, ma ancor più chiaramente il testo di Donald Tusk di oggi, fissano i paletti politici entro i quali deve stare il confronto, e questi sono la parte più importante del negoziato. Non a caso, ad esempio, non si parla di cifre circa gli impegni finanziari che Londra dovrà onorare. E’ nelle cose che li rispetterà, e la misura sarà quella del miglior funzionamento, per ambo le parti, dei programmi messi in piedi insieme.
Tusk apre esplicitamente al “negoziato parallelo” sulla separazione sul dopo, così come chiedeva May. E’ giusto farlo, non possono esserci periodi di vacanza durante i quali,uscita Londra dall’Unione, ci si trova in una terra di nessuno, dove vale la legge del più forte, o del più furbo. Non conviene a nessuno, non è nelle corde delle nostre democrazie. L’Ue, almeno nelle intenzioni di Tusk che dovranno essere confermate dai Ventisette il 29 aprile, concede anche a Londra di iniziare discussioni per accordi commerciali (vietate agli Stati membri dell’Ue, perché la materia è competenza esclusiva della Commissione) con Paesi esterni all’Ue. E’ giusto farlo, è onesto, anche qui, non si può imporre ai britannici di essere “soli al Mondo” e di iniziare da zero a costruire rapporti dopo il 29 marzo 2019.
A Londra non conviene rompere con Bruxelles e a Bruxelles non conviene rompere con Londra. Su come evitare crisi indesiderate si sta discutendo in questi giorni. Poi, i negoziati, come in una coppia che si separa perché non c’è più amore, ma non ci sono né odio né colpe da far scontare, andranno avanti con facilità.