Roma – “I conti pubblici non sono per nulla fuori controllo”, e la cosiddetta ‘manovrina’ – la correzione dello 0,2% del Pil sulla quale oggi è arrivato un primo giudizio positivo da Bruxelles – “accresce la sostenibilità” del bilancio. Tuttavia, in audizione davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ammette “a malincuore” che “c’è un aumento del ‘rischio Italia’, e quindi è necessaria un risposta molto chiara da parte del governo, che tenda a rafforzare la sostenibilità delle finanze pubbliche”. Risposta data in parte con la correzione varata su richiesta della Commissione Ue, in parte legata alla Legge di bilancio che dovrà essere presentata entro il prossimo 15 ottobre.
Per il presidente di coordinamento delle sezioni riunite della Corte di Cassazione, Angelo Buscema, “l’indirizzo rigoroso imposto alla finanza pubblica” con la manovrina “non deve essere visto come l’adesione a regole imposte dall’esterno, quanto piuttosto una via obbligata alla quale è difficile sottrarsi”. Tesi con la quale Padoan sembra concordare solo in parte. Infatti, se da un lato il governo ha varato la correzione che “ci consente di essere assolutamente in regola con il quadro normativo europeo”, dall’altro continua il lavoro politico in sede europea per “migliorare e rendere più favorevole alla crescita” la stessa cornice delle regole.
Per questo, mentre la Commissione europea sta preparando le proprie stime economiche di primavera, con le relative raccomandazioni ai Paesi membri, i ministri dell’Economia di Italia, Francia, Spagna e Portogallo hanno scritto una lettera al vicepresidente della Commissione con delega all’Euro, Valdis Dombrovskis, e al suo collega degli Affari economici, Pierre Moscovici, per chiedere loro di essere benevoli nelle valutazioni. In particolare, i quattro propongono di attuare un diverso sistema di calcolo dell’output gap, il differenziale tra crescita potenziale e reale che rappresenta uno dei principali elementi sul quale si basano le valutazioni. Un punto sul quale era già stata aperta una discussione lo scorso anno. La Commissione dice di averla ricevuta, che la valuterà attentamente e che risponderà ” a tempo debito”.
Il nuovo approccio scaturito dalla comunicazione dell’esecutivo comunitario del 2015 sulla flessibilità e dalla posizione espressa dall’Ecofin nel 2016, scrivono i quattro ministri, prevede “sforzi fiscali differenziati” per i Paesi membri a seconda delle contingenze, e cioè sono richiesti “sforzi minori in tempi cattivi e maggiori in tempi buoni o normali”. Ora, vista la crescita che si sta registrando un po’ in tutta l’Ue – seppure in alcuni Paesi risulti ancora bassa e fragile – questa impostazione prevedrebbe una maggiore disciplina di bilancio, ammettono i ministri. Tuttavia, proseguono, “pur confermando il nostro supporto a questo principio, sottolineiamo anche la natura insolita dell’attuale congiuntura in cui l’eredità della scorsa crisi è ancora visibile”. In un simile contesto, i governi “dovrebbero usare tutti gli strumenti di politica economica a loro disposizione per assicurare che la crescita e l’occupazione tornino a livelli sostenibili”, indicano ancora i ministri nella premessa, dalla quale già si capisce dove intendono andare a parare: serve flessibilità per consentire ai Paesi di “accompagnare la crescita e non soffocarla”, per prendere in prestito parole del presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni.
La missiva si sofferma poi sulle varie spiegazioni del perché, secondo gli autori, i metodi usati dalla Commissione per effettuare le proprie stime siano inadeguati, e contiene dei suggerimenti su come, a loro avviso, possano essere migliorati. Dicendosi quindi “fiduciosi” che gli Stati membri si accorderanno sulla nuova metodologia proposta, Padoan e i suoi colleghi sono altrettanto convinti che la Commissione, nel redigere le proprie stime e raccomandazioni, “saprà tenere conto” sia dei “limiti metodologici” che della “congiuntura economica”. I titolari dell’Economia di Italia, Francia, Spagna e Portogallo auspicano quindi l’adozione di un approccio che “porterebbe un contributo positivo alle prospettive di crescita dell’Unione, e migliorerebbe la credibilità complessiva della comune cornice di regole”.