Bruxelles – Tre sono gli aspetti critici della revisione dell’attuale regolamento di Dublino sull’asilo politico su cui l’Italia sarà inamovibile. “Tre elementi che per noi sono a tal punto critici da essere peggiorativi del precedente sistema”, ha affermato il sottosegretario al Ministero dell’Interno Domenico Manzione: “La pre-procedura, che anziché agevolare complica le cose, la responsabilità dello Stato di primo ingresso, e il principio della cosiddetta solidarietà flessibile”.
La “procedura pre-Dublino” obbliga lo Stato a cui è stata inoltrata la domanda di asilo, di decidere se ci sono motivi per dichiarare l’inammissibilità o per avviare procedure accelerate prima di portare avanti l’iter per la determinazione della responsabilità. In questo modo lo Stato membro che porti avanti una procedura simile sarà anche responsabile per la procedura di asilo anche se poi non avrà necessariamente la responsabilità di farsi carico del rifugiato che otterrà il diritto di asilo. Per questo il nostro Paese è contrario, così come è contrario al mantenimento della regola del Paese di primo ingresso, che obbliga quel Paese, che speso è l’Italia o la Grecia, a farsi carico del rifugiato, invece di dividere equamente le responsabilità tra tutti i Paesi membri. Infine il governo dice no alla solidarietà flessibile, quella per cui alcuni Stati possono rifiutare i ricollocamenti dei rifugiati in cambio del pagamento di una multa.
Manzione, oggi a Bruxelles per discutere con la commissione Libertà civili del Parlamento europeo dell’emergenza migranti in Italia, si è mostrato fermo sulla posizione del governo Italiano sulla questione e critico nei confronti dei sistemi vigenti in Europa. Le critiche sono state mosse soprattutto nei confronti del sistema di ricollocamento dei migranti tra i paesi europei che troppo scricchiola. Lo scorso aprile infatti, risultavano soltanto 18.418 le persone trasferite da Grecia e Italia, contro le 120mila previste dal programma approvato dal Consiglio europeo nel settembre 2015.
“Chi pensa che chiudendosi in casa possa affrontare problematiche che implicano una dimensione europea, se non globale, commette un errore clamoroso”, ha affermato Manzione. Parole che alludono chiaramente alla mancanza di volontà politica di rispettare gli impegni sottoscritti per il ricollocamento da parte degli Stati membri. Mancanza di volontà criticata recentemente anche dal commissario europeo per gli Affari interni Dimitris Avramopoulos.
“Se non vengono ridiscussi i punti di cui abbiamo parlato, temo che non sia possibile andare avanti”, ha affermato Manzione a margine dell’intervento, dichiarandosi soddisfatto per quanto riguarda le posizioni espresse dal Parlamento europeo che “ha compreso perfettamente quali sono le esigenze”. Dubbi e incertezze, invece, permangono sugli orientamenti che verranno presi dalle altre istituzioni (Commissione e Consiglio). A prescindere dagli sviluppi in merito, tuttavia, “su questa questione mi sembra difficile che il nostro paese faccia passi indietro” ha concluso Manzione.
Pieno sostegno, alle criticità sollevate da Manzione, è arrivato da alcuni eurodeputati presenti in aula. Secondo Barbara Spinelli (Gue), senza riforme “la ricollocazione stessa è ingannevole”. Stando ai dati riferiti dall’europarlamentare italiana, nel 2015-2016, il numero di persone arrivate in Italia, mandate in Europa e in seguito ritrasferite in Italia ammontavano a 5.049, mentre a 3.906 ammontava il numero di migranti effettivamente ricollocati in altri paesi dall’Italia. “Questo significa che ci sono più persone rispedite in Italia di quante siano quelle trasferite dall’Italia”, ha concluso l’eurodeputata. Dello stesso parere la collega Cécile Kyenge (S&D) cha ha accusato gli Stati membri di “prendere solo ciò che gli conviene”: un comportamento che “va denunciato con forza”.
“Manzione ha finalmente chiesto chiarimenti e più trasparenza sulle attività delle Ong in merito alle operazioni di salvataggio in mare”, si è compiaciuta Laura Ferrara, eurodeputata M5S, secondo cui “sono necessari chiarimenti sulla mancata rispondenza di alcune Ong al coordinamento della Guardia Costiera delle operazioni SAR, ,maggiore trasparenza riguardo i finanziamenti che ricevono, nonché chiarimenti sul fatto che tutte le Ong individuano solo in Italia i porti sicuri più vicini”.