Bruxelles – Corsi e ricorsi storici. L’Italia diventa capofila della sostenibilità, introducendo un bando nazionale delle buste di plastica che poi diventa oggetto di legislazione comunitaria. Solo che poi quella legge comunitaria nata su esempio e spinta italiana, l’Italia non l’hai mai recepita. O se l’ha fatto, non l’hai mai notificato alla Commissione Ue, che oggi manda un ultimo avvertimento al governo prima di un eventuale deferimento alla Corte di giustizia europea. E’ la vicenda dai tratti grotteschi che riguarda l’Italia, che si becca un parere motivato dall’esecutivo comunitario. Si tratta del secondo stadio delle procedura d’infrazione, che Bruxelles ha deciso di portare avanti. Il motivo ? “La persistente omissione nel notificare alla Commissione le misure adottate”. C’era tempo fino al 27 novembre 2016 per recepire la direttiva europea che mira a ridurre il consumo di buste di plastica, e dopo quasi un anno oltre le scadenze l’Italia non ha ancora detto a Bruxelles cosa ha fatto.
Non certo una bella figura, per chi ha fatto dalla lotta al shopper inquinante una questione di fondo. Nel 2010 Stefania Prestigiacomo, allora ministro dell’Ambiente, convinse il governo Berlusconi a mettere al bando le buste di plastica. Il divieto è scattato l’1 gennaio 2011, facendo dell’Italia il primo Paese nell’Ue a introdurre misure così drastiche e pure così eco-friendly. Prestigiacomo lo rivendicò sin da subito con orgoglio. Al posto dei sacchetti tradizionali se ne introdussero di nuovi, biodegradabili al 100%, frutto delle ricerche e degli sforzi dall’azienda italiana Novamont. Un successo politico ed economico, che mise insieme agenda green e promozione dell’eccellenza made in Italy. La Commissione europea però aprì la procedura d’infrazione, convinta che la normativa nazionale andasse contro il mercato unico. La legge italiana di fatto escludeva i produttori di buste tradizionali dal mercato nazionale, si sostenne allora. Poi la Commissione cambiò orientamento, adottando una direttiva che seguiva l’esempio italiano: in Europa le buste di plastica vanno ridotte e fatte sparire. La normativa venne adottata nel 2015, e l’anno scorso la procedura venne chiusa.
La stessa direttiva, però, impone un suo recepimento entro novembre 2016, temine scaduto. L’Italia non ha dato informazione alcuna, e l’esecutivo comunitario a gennaio ha avviato la nuova procedura, oggi nelle nuova fase. A Bruxelles sanno che l’Italia ha delle regole in essere anche prima di quelle comunitarie, e confidano che quando riceveranno le informazioni il dossier si potrà chiudere. Finora però dall’Italia non è arrivato niente.