Roma – Quando si parla di migranti l’Italia può guardare i partner europei negli occhi e condurre la sua battaglia con lucidità, senza cedere ai nervosismi dai quali si fanno prendere altri governi, che sanno di essere dalla parte del torto. Passa anche dalle politiche migratorie e dalla possibilità di distinguere le strategie per i migranti economici e i profughi bisognosi di protezione, il rilancio necessario e non rinviabile dell’Unione europea: Rilancio al quale il socialismo europeo, per quanto in evidente difficoltà, deve dare il suo contribuito dopo una fase di analisi del rilancio che non può essere altro che rapida: entro la fine di quest’anno il Pse dovrà darsi la linea per la ripartenza sua e dell’Unione tutta. Un progetto al quale non contribuiranno le sole forze politiche, ma anche qualcosa che, in Italia, è stato sino ad oggi poco utilizzato: i think tank, come il Centro studi di politica internazionale (Cespi) del quale è presidente. Ne ha da fare Piero Fassino, già ministro, ultimo segretario dei Democratici di sinistra (Ds) prima che confluissero nel Pd, già sindaco di Torino, da sempre con un occhio attento alla politica internazionale, che nella nuovo Pd ha “la responsabilità di tutta la proiezione internazionale dell’attività del partito”, una sorta di ‘dipartimento generale’ nel partito. Il che vuol dire anche l’Europa, perché nel Pd, ancora, quella materia è parte della politica internazionale. Non tutti, nello stesso partito, concordano, ma così è.
Eunews – Nel Pd lei è il responsabile della politica estera, che vuol dire per voi anche europea e, di conseguenza, anche del Partito del socialismo europeo, il Pse. Mi sembra che, in particolare quest’ultimo ‘pilastro’ del suo impegno sia una difficile gatta da pelare, visto anche l’indebolimento che ci sarà a livello del Parlamento europeo, quando dal 2019 non ci saranno più i laburisti britannici, per via della Brexit e un’altra importante forza, quella francese, sarà probabilmente ridotta al lumicino, stando alle ultime elezioni…
Fassino – La famiglia del Pse sta attraversando una fase difficile, che richiede una forte riflessione di fondo. I risultati elettorali in Olanda e in Francia dimostrano un’erosione elettorale molto forte. Il tema è capire ora cosa si deve fare per essere una forza di sinistra, progressista in Europa. Serve una riflessione strategica per ristrutturare il capo progressista e della sinistra. Un po’ come fece François Mitterand quando di fronte alla crisi della Quarta Repubblica sostenne lo scioglimento dello Sfio (la Sezione francese dell’internazionale operaia) e richiamò diverse forze progressiste in quello che poi diventò il Partito socialista. Dobbiamo avere la stessa mentalità nel Pse, di raccolta della famiglia socialista aprendosi al confronto con altre forze progressiste.
E – Lei Fassino pensa ad una nuova forza che possa includere anche il movimento del presidente francese attuale, Emmanuel Macron?
F – Macron ha un profilo molto particolare, ha costruito un movimento che beneficia dell’apporto di socialisti, ma anche gollisti… Però Macron stimola e sollecita il Pse a ridefinire la sua piattaforma politica e la sua identità, non dobbiamo omologarci a lui, ma certo ci sollecita a ridefinire programma e obiettivi.
E – Il lavoro da fare in Europa, nel Pse, però è davvero tanto, di crisi interne il Pse ne sta vivendo molte, penso a quella con il premier slovacco Robert Fico sulla questione dei migranti…
F – Nelle famiglie politiche si ripropongono le stesse dialettiche che ci sono nei rapporti tra i governi. Fico ad esempio è molto condizionato dal ruolo istituzionale che ricopre, e dunque anche nel Pse si sviluppa lo stesso confronto che c’è tra i governi. La questione è che nel momento in cui tutta l’Europa si interroga sul suo futuro ed è consapevole di dover trovare uno slancio nuovo, il ruolo del Pse è contribuire a questo percorso, sulla base di una piattaforma progressista. All’interno del partito abbiamo creato un gruppo di riflessione, del quale faccio parte, sulla nuova piattaforma culturale e politica per il rilancio del ruolo e degli obiettivi delle forze progressiste, un lavoro che vogliamo terminare entro la fine dell’anno.
E – Altro punto di difficoltà sono le politiche economiche europee, con i socialisti che si sono battuti contro l’austerità che però, in Grecia ad esempio, sta portando alla ripresa, con la prima emissione di titoli di stato dopo alcuni anni che è stata annunciata ieri…
F – Dobbiamo salutare con soddisfazione il fatto che la Grecia esca da una situazione critica, anche perché le sorti di ogni Paese nell’Unione riguardano tutti noi. Però dobbiamo anche ricordare con onestà che l’Ue sulla crisi greca si è mossa in ritardo, se si fosse agito subito l’impatto sul popolo greco sarebbe stato meno duro e meno aspro. Ma ripeto, ora registriamo un passo positivo, che dobbiamo però continuare ad accompagnare.
E – Sulla questione dei migranti però di passo positivi, almeno di recente, non ne vediamo, e anche qui ci sono divisioni pure tra le forze progressiste europee, al governo o non.
F – Il primo punto da affermare è che qui si tratta di un problema europeo, e non ‘italiano’. Queste arrivano in Europa, e l’Italia è solo un punto di passaggio perché è la prima porta dell’Europa. Noi dobbiamo continuare a dare battaglia, anche facendo qualche passo in più. Ad esempio molti governi in Europa distinguono i migranti economici dai profughi bisognosi di protezione, dicendo che non sono la stessa cosa. Bene, ma se è così devi avere due strategie, non puoi averne una solo per i profughi, non è una posizione sostenibile: se l’Europa vuole distinguere ha diritto di farlo, va bene, ma le questioni vanno affrontate entrambe. Questo è il tema che ha di fronte il Consiglio europeo.
E – Il governo italiano sta affrontando le ultime emergenze senza farsi prendere dal panico o da posizioni populiste, come quelle di altri governo che minacciano chiusure di frontiere o altri provvedimenti estremi e dalle conseguenze che spesso andrebbero ben al di là del problema migranti…
F – L’Italia ha la forza di aver dimostrato di saper accogliere e integrare, noi possiamo guardare tutti gli altri governi negli occhi e fare le nostre battaglie con freddezza e lucidità. Non siamo nervosi, cosa che capita a chi ha torto, ma chiediamo che anche gli altri si assumano delle responsabilità: ora facciamo in gran parte da soli, e questo è un tema che non può essere eluso.
E – Un tema sul tappeto in Europa con sempre maggior evidenza è quello della Difesa europea. C’è chi pensa ad una integrazione industriale e delle politiche, chi addirittura parla di un esercito comune europeo, che sembra invece cosa molto, molto lontana. Lei in questo dibattito dove si pone?
F – Bisogna procedere gradualmente. C’è una cosa importante che riguarda l’Italia nella Difesa europea: l’adesione piena dell’Italia all’Eurocorpo (al quale l’Italia partecipa con alcuni ufficiali, ma non con truppe, ndr), con il quale collaboriamo, ma non ne facciamo tecnicamente parte. Il passaggio è l’adesione entro i prossimi mesi, per dare un segnale chiaro che vogliamo esserci, a tutto campo.
E – Insieme alla sua attività nel Pd lei Fassino è anche presidente del Cespi, Centro studi di politica internazionale, e sta lavorando ad un suo rilancio. Lei crede nel ruolo dei think tank dunque, che in Italia stentano ad essere presenti nell’elaborazione politica.
F – Certo. I think tank servono nella politica estera per dare un contributo di conoscenze, analisi, ricerca e studio. E’ così in tutto il Mondo. Negli ultimi anni in particolare il Cespi negli ultimi anni si è molto caratterizzato sulle questioni legate ai migranti. E’ importante che esista una rete che sostenga le politiche del governo nazionale e dell’Unione e il Cespi lavora in questa direzione.