Roma – In Libia, i centri di detenzione per i migranti “sono terribili, ma la maggior parte delle persone detenute lì sono migranti economici, mentre i rifugiati riusciamo a tirarli fuori abbastanza in fretta”. È magrissima la consolazione che Roberto Mignone, rappresentante di Unhcr, l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, nel Paese nord africano, dà ai senatori della commissione straordinaria per i Diritti umani che lo hanno convocato in audizione.
Il funzionario spiega che i ‘fortunati’ che riescono a essere “tirati fuori in tempi rapidi” sono solo quelli che appartengono a “sette Paesi: Iraq, Palestina, Siria, Somalia, Eritrea, Sudan (ma solo se vengono dal Darfur) ed Etiopia (ma solo se son di etnia Oromu)”. Si sta trattando per ampliare la platea, ma al momento tutti gli altri vengono considerati migranti economici e “restano nei centri a meno che non decidano volontariamente di fare ritorno nel proprio Paese”.
Ad oggi risultano 6 mila persone detenute nei centri per migranti, ma il dato fornito dalle autorità libiche rischia di essere molto distante dalle cifre reali, dal momento che riguarda solo le strutture ufficiali. Il punto, denuncia Mignone, è che poi vi sono altre strutture “gestite da milizie se non direttamente dai trafficanti”. È lì che la situazione è “particolarmente preoccupante”, anche perché non c’è modo, per le organizzazioni internazionali, di verificare le condizioni dei migranti detenuti. Anche nei centri ufficiali, però, la situazione non è idilliaca. “Nel migliore dei casi”, rivela il funzionario delle nazioni unite, “troviamo condizioni di sovraffollamento, ma ci sono anche gravi violazioni dei diritti umani, incluse le violenze di genere” contro le donne.
L’intervento dell’Unhcr, che con l’Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni) è il partner individuato dall’Ue per implementare l’azione esterna prevista nei Paesi di origine e transito dei migranti, è reso difficile dal fatto che “la Libia non ha firmato la convenzione sui rifugiati e non abbiamo neppure un memorandum di intesa” per agevolare gli interventi. Così, denuncia, prima di fare un’ispezione a uno dei centri di detenzione – Unhcr fa visita solo a 27 dei 29 esistenti – “dobbiamo scrivere al ministero degli Esteri libico, indicando quando verrà effettuata la visita e da quale nostro ufficiale”. Una modalità che riduce l’efficacia delle ispezioni, che per altro non vengono sempre autorizzate dalle autorità. La speranza è che la cooperazione avviata dall’Ue con la Libia e gestita in raccordo con l’Italia possa semplificare il lavoro degli operatori, per trasformare “un sistema in cui tutti perdono, sia i rifugiati che i libici”, in uno nel quale sia almeno garantito il rispetto dei diritti umani.