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Home » Economia » Le banche avvertono: potrebbero servire altre misure per i crediti deteriorati

Le banche avvertono: potrebbero servire altre misure per i crediti deteriorati

L’Abi invoca un "segnale" che tranquillizzerebbe Bce e investitori. Istat promuove gli incentivi alle imprese e all'occupazione giovanile, ma certifica il fallimento di centri per l’impiego e agenzie interinali

Domenico Giovinazzo</a> <a class="social twitter" href="https://twitter.com/@giopicheco" target="_blank">@giopicheco</a> di Domenico Giovinazzo @giopicheco
6 Novembre 2017
in Economia

Roma – In virtù del “pressing delle istituzioni europee” per lo smaltimento dei crediti deteriorati (Npl) che pesano sui bilanci delle banche, “potrebbero essere necessarie ulteriori misure” per “agevolare lo smaltimento dello stock pregresso”. È Giovanni Sabatini, direttore generale dell’Associazione bancaria italiana, a lanciare l’allarme in Senato, nel corso delle audizioni sulla Legge di bilancio per il 2018. “Nonostante gli interventi importanti già avviati nel 2015 e nel 2015”, indica il rappresentante dei banchieri, serve un nuovo intervento. A suo avviso, infatti, “sarebbe un segnale importante sia nei confronti delle autorità europee”, sia verso “gli investitori delle banche italiane”.

Le proposte della Supervisione unica della Bce – un meccanismo automatico che prevede una svalutazione del 100% in sette anni per gli Npl – “non vanno nell’ottica del giusto bilanciamento tra esigenze di crescita ed esigenze di stabilità”, accusa Sabatini criticando espressamente il “documento posto in consultazione dalla Bce sulle nuove misure per la gestione dei crediti deteriorati”. Le nuove regole sarebbero una tegola per gli istituti di credito italiani, che tramite Abi chiedono di intervenire presto. Già “nella conversione del decreto fiscale” collegato alla manovra, secondo Sabatini, potrebbero essere ripristinate le norme per accelerare il recupero dei crediti stralciate dal testo della Legge di bilancio.

Secondo l’Istat, la manovra individua i giusti settori di intervento per lo stimolo della ripresa economica: le misure a sostegno degli investimenti privati e quelle per l’occupazione giovanile. Sul primo versante, il presidente dell’Istituto nazionale di statistica, Giovanni Alleva, sottolinea “il ritardo del nostro sistema produttivo soprattutto negli investimenti immateriali”. Si punta poco su brevetti e conoscenze, che forse impiegano più tempo a dare frutti ma ne portano di più ricchi, illustra Alleva descrivendo una dinamica italiana “negli ultimi anni più lenta che negli altri Paesi europei”. Tra il 2006 e il 2016, riporta il presidente Istat, gli investimenti in beni immateriali delle imprese italiane sono cresciuti “del 10% contro il 36% dell’Area euro”. La conferma di super e iper-ammortamenti, stima l’Istituto, porterà a un aumento degli investimenti dello 0,1%, per quelli in beni immateriali come per quelli in macchinari.

Anche sul lavoro giovanile, il gap da colmare col resto d’Europa è ampio. Il tasso di occupazione dei 15-34enni nel nostro Paese è stato del 40,7% nel primo trimestre dell’anno, “inferiore di quasi 17 punti percentuali rispetto alla media Ue a 28”, segnala il massimo dirigente dell’Istat. Al contempo, l’aumento di giovani occupati che si sta registrando negli ultimi periodi è dovuto quasi esclusivamente a contratti a termine. Dunque, suggerisce implicitamente Alleva, la misura degli sgravi contributivi per i giovani assunti a tempo indeterminato dovrebbe andare nella strada giusta. Se darà i risultati sperati resta però da vedere. Di certo non potrà contare su un grosso contributo dei centri per l’impiego e delle agenzie per il lavoro private. “Nonostante l’ampliamento del ruolo e dei compiti assegnati” loro, denuncia lo statistico, la percentuale di ingressi nel mondo del lavoro favorita da queste strutture “è risultata più tosto contenuta”, e ha riguardato “nel complesso solo il 6% dei giovani occupati”.

Sull’inadeguatezza dei centri per l’impiego si sono soffermati anche i sindacati. “Non possiamo parlare di politiche attive se non c’è un’infrastruttura” che funzioni, sostiene Gianluigi Petteni, segretario confederale Cisl, aggiungendo di non aver “ancora capito se c’è o no l’accordo tra Stato e regioni” sui Centri per l’impiego. “La situazione è paradossale” per il segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo, perché “in un Paese che vive il problema della disoccupazione giovanile, corrono il rischio di essere licenziati anche coloro che si occupano di trovare un lavoro per i nostri giovani”.

Le organizzazioni dei lavoratori non sono univoche nel giudizio sugli sgravi contributivi per i giovani assunti a tempo indeterminato. Se per Cisl e Uil è una misura positiva, pur con i limiti della temporaneità, la Cgil è più critica. Per la segretaria generale Susanna Camusso, sono “scelte di breve periodo, non strutturali e in qualche modo distorsive del mercato”. La sindacalista contesta inoltre che “al di là delle clausole di salvaguardia” – per disinnescare l’aumento Iva si impiegano i tre quarti della manovra da oltre 20 miliardi – “le risorse per gli investimenti sono veramente poche”.

Di tutt’altro avviso la Confindustria, valuta “nel complesso positivamente la manovra di bilancio perché mira al rafforzamento dei fattori di competitività”. Particolarmente gradito, ovviamente, “il sostegno agli investimenti privati” garantito da super e iper-ammortamenti e dal piano per l’Industria 4.0. Molto positiva, per l’organizzazione degli industriali, è la scelta di incentivare l’assunzione di giovani, perché “porta linfa fresca nel sistema produttivo”. Linfa fresca che però deve attendere, almeno se si tratta di rimpiazzare i lavoratori più anziani. Confindustria si oppone, infatti, all’idea di bloccare l’innalzamento automatico dell’età pensionabile sulla base dell’allungamento delle aspettative di vita.

Tags: Abiaudizionicgilcislconfindustriacrediti deterioratigiovaniincentiviinvestimentiIstatlegge di bilancionploccupazionesindacatiuil

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