La battaglia del genere è diventata così aspra che ha finito per coinvolgere anche Dio. La chiesa di Svezia ha deciso: dio non è il Signore, non è un uomo, neanche una donna. È neutro. Dove non arrivano le quote rosa arriva dunque la linguistica a pareggiare i conti. Ma solo per le lingue che hanno il caso neutro. Le altre dovranno arrangiarsi o restare nell’errore di attribuire a Dio una sostanza maschile.
Chissà che per reazione, chi non ha il caso neutro non si butti nel femminile e faccia di Dio una Dea? Scompiglio in paradiso: neanche un’apostola fra i Dodici e ora ecco che Dio era una Dea! Ci sarà allora una barba di troppo in molti dipinti e affreschi. Tutta la Cappella Sistina da rifare. E che faccia ha un Dio neutro? Sarà come quella degli asessuali, recentemente scoperti dagli integralisti del politicamente corretto? O allora bisognerà tornare all’iconoclastia e mai più raffigurare Dio? La Madonna però bisognerà che ce la lascino. Sennò come si farà più a vederla apparire nelle visioni delle nostre care sante? Viene subito da chiedersi cosa ha visto Santa Bernadette a Lourdes. E in tutto questo che ne sarà di Cristo, che si è fatto uomo, quindi maschio? Vero che lui è onnipotente, ma potrà mai farsi neutro la prossima volta che scenderà fra noi?
Gli unici che sembrano salvarsi dall’epurazione svedese sono gli angeli. Già noti come senza sesso, di peggio non gli si può fare. Qua va a finire che l’unico vero uomo in tutta questa storia della Cristianità riveduta è il tanto vituperato San Giuseppe. Ma siamo poi così sicuri che il caso neutro sia neutro? Come tutto in linguistica e nelle cose umane, la neutralità non esiste. Il neutro è il caso dell’incertezza, dell’indefinito, del mutabile. Dare del neutro potrebbe anche essere un insulto, perfino una bestemmia. In tedesco bambina e bambino (das Kind, das Mädchen) sono parole di genere neutro, perché saggiamente la lingua le percepisce come indefinite. Ma anche automobile in tedesco è una parola neutra: das Auto. Dio finirà dunque equiparato a una Volkswagen? Per un verso ci sta, è la logica conseguenza del “Deus ex machina” della tragedia greca. Forse è lì che vuole parare l’arcivescovo della chiesa svedese Antje Jackelén. Santa donna… Il problema con i Protestanti è che appunto non la smettono di protestare.
Anche a vanvera, pare. La decisione della chiesa svedese è una delle tante mistificazioni di chi crede di stabilire la parità dei sessi partendo dalle grammatiche o dalle quote rosa. Ancora più pericolosa perché nasconde la pretesa moderna di negare la differenza, di rendere tutto uguale, tutto sostituibile, tutto omologabile, come una merce. Il neutro globalizzato. Difficile spiegare a chi si perde in simili derive che il messaggio cristiano usa le figure del tempo in cui fu formulato e che sta a noi coglierne l’essenza. Nella società secolarizzata svedese la chiesa è diventata un circolo ricreativo, un’associazione di volontariato dove il calcio-balilla ha prevalso sul sacro. Questo non è necessariamente un male ma allora non è più una chiesa. Ma l’approccio svedese alla parità dei sessi divini nasconde anche un’altra, forse addirittura più pericolosa distorsione sociologica.
La mitizzazione dell’uguaglianza come valore assoluto e unico criterio per governare la società. L’uguaglianza che subdolamente si fa avanti travestita da progresso sociale e da correzione di antichi torti, è molto simile a quella dei vecchi totalitarismi, che annienta l’individualità e con essa uccide anche la responsabilità di ognuno, il nostro personale farci carico del nostro destino e del nostro ruolo nella società. Dell’individuo rimane solo l’individualismo, cioè la pretesa di esistere a prescindere dagli altri, annegato in questa neutralità incalzante che serve appunto a sfuggire ad ogni appartenenza, quindi ad ogni dovere. Anche Dio, ora neutro, potrà infine fare finta di non conoscerci.