Roma – “Il vecchio slogan ‘aiutiamoli a casa loro diventa programma politico” con i Fondi dell’Unione europea per l’Africa, ma non è detto che sia funzionale a ridurre i flussi migratori verso il Vecchio Continente. È Ferruccio Pastore, direttore del forum internazionale ed europeo di ricerca sulle migrazioni, a instillare il dubbio intervenendo a ‘How can we govern Europe?’, l’appuntamento annuale di Eunews giunto alla sua quarta edizione. “Tutte le scienze sociali ci dicono che lo sviluppo produce migrazioni e si nutre di mobilità”, indica infatti il ricercatore. L’esempio è l’Italia degli anni 60, che viveva un boom economico “e contemporaneamente era un Paese di forte emigrazione”.
Puntare sullo sviluppo africano potrebbe dunque non funzionare, senza contare che “i soldi nuovi messi sul piatto non sono tanti, e per ora vanno soprattutto a obbiettivi di breve termine per il contenimento dei flussi migratori”, secondo Pastore, che anche sulla questione della redistribuzione dei rifugiati ha un suggerimento: puntare sugli incentivi a chi accoglie potrebbe essere più efficace che sanzionare chi si rifiuta di farlo.
Incentivi che in realtà sono previsti, come sottolinea Beatrice Covassi, capo della Rappreentanza della Commissione europea in Italia. Parlando a nome del commissario Dimitris “Avramopoulos, che è dispiaciuto per non aver potuto partecipare al dibattito”, sottolinea come nel piano Ue siano previsti “10mila euro per ogni rifugiato” accolto. Covassi elenca i vari “passi avanti” compiuti sulla gestione comune dei migranti, dalla proposta di revisione del regolamento di Dublino sull’Asilo al piano di redistribuzione dei rifugiati, al piano di investimenti per l’Africa. Tuttavia, riconosce, “l’Unione europea non è attrezzata” in modo adeguato per affrontare la questione migratoria, e “quindi la Commissione europea ha cercato di mettere le pezze”, ha sottolineato la rappresentante dell’esecutivo comunitario.
È d’accordo con lei il presidente della commissione Politiche Ue di Montecitorio, Michele Bordo, secondo il quale “sui migranti, in questi anni, l’Unione europea non ha dato grande prova di sé, un po’ perché non era attrezzata e un po’ per mancanza di volontà”. Il dito è puntato sul Consiglio europeo, dove “alcuni Stati membri dovrebbero mettere da parte gli egoismi” per riuscire a ottenere “un vero cambio di rotta”, che si avrà solo quando si comprenderà che “i problemi dell’Africa sono anche i problemi dell’Ue”. Consapevolezza che si sta comunque facendo strada, secondo Bordo, anche grazie al maggior peso che il governo italiano sta acquisendo. “L’iniziativa che abbiamo promosso in Libia ci ha consentito di parlare con più forza anche in Europa”, sostiene il deputato, “tant’è che adesso si registrano passi avanti”.
Meno convinta dell’efficacia dell’azione italiana Laura Ferrara, eurodeputata del Movimento 5 stelle e vicepresidente della commissione Giuridica, molto critica sulle regole concordate per la missione Triton, che prevede di far sbarcare solo in Italia i migranti soccorsi in mare. L’esponente del M5s ne ha anche per l’esecutivo comunitario, in particolare sulla proposta di riforma del regolamento di Dublino sull’asilo. “È mancata ambizione”, a suo avviso, perché è vero che le posizioni dei governi in Consiglio suggerivano una dose di realismo per formulare un testo in grado di mettere d’accordo i 27, ma Bruxelles ha adottato un “realismo della situazione, non un realismo lungimirante”.
L’europarlamentare M5s riconosce il notevole progresso nel testo approvato al Parlamento Ue rispetto alla proposta iniziale della Commissione, “ma se si guarda a cosa l’Europa può fare per l’Italia e per i Paesi di confine, il testo è ancora carente”, per questo i pentastellati hanno votato contro. Per Ferrara, il meccanismo di redistribuzione, che avrebbe dovuto essere “obbligatorio e automatico”, è invece “filtrato” da troppe eccezioni che prevedono la permanenza del richiedente asilo nel Paese di primo approdo. “La prima grande rivoluzione da attuare se veramente vogliamo parlare di politiche europee per le migrazioni”, conclude l’eurodeputata, “è garantire canali legali, e ciò implica un Diritto di asilo europeo” con la possibilità per “i rifugiati di circolare nell’Ue”.