Bruxelles – Parte ufficialmente la “fase due” del negoziato per la Brexit. Anche se la fase uno non è chiusa. Lo hanno stabilito i capi di Stato e di governo dei 27 questa mattina a Bruxelles, in sostanza accogliendo l’accordo dell’otto dicembre tra Jean-Claude Juncker e Theresa May. L’inizio della seconda fase sarà “immagino a marzo”, ha detto il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker.
Sono state approvate due paginette di “Linee guida” per svolgere questa seconda fase di negoziati, che non parte con un bagaglio molto solido.
Lo dice lo stesso documento, che parla sì di “progressi sufficienti”, condizione tutta politica stabilita per passare alla seconda fase, ma già nella riga successiva si afferma che “bisogna completare il lavoro su tutti i temi per la separazione, inclusi quelli non ancora affrontati nella prima fase… e consolidare i risultati ottenuti, e iniziare ad scrivere la bozze delle parti rilevanti dell’Accordo di separazione”.
Il Consiglio europeo accetta formalmente un periodo di transizione di “circa due anni” durante i quali il Regno unito, come ovvio, “non parteciperà a nominare o eleggere membri delle istituzioni europee e al processi decisionali dell’Unione”. Insomma, resterà per ancora un paio d’anni nel Marcato unico e nell’Unione doganale, e dovrà rispettarne tutte le regole, ma non potrà in nessun modo concorrere alle politiche che verranno fatte. In questo periodo Londra non potrà neanche stringere accordi commerciali con Paesi terzi, dovrebbe però poter avviare i negoziati, ma senza finalizzarli prima della fine dei due anni. A gennaio prossimo il Consiglio indicherà nuove linee guida per il periodo transitorio.
Già da ora, invece, si potrà discutere di che accordo bilaterale avere alla fine del periodo transitorio, dunque circa dal marzo 2021, ed a marzo il Consiglio europeo fornirà delle linee guida anche su questo, mentre chiede a Londra “maggiore chiarezza sul quadro delle relazioni future” che desidera stabilire. Ma l’accordo non potrà essere firmato che “quando il Regno unito sarà diventato un Paese terzo”.
Il regno continuerà comunque ad essere un partner dell’Ue, che “è pronta a stabilire relazioni anche in aree diverse dalla cooperazione economica, come la lotta contro il terrorismo, il crimine internazionale, così come nella sicurezza, la difesa e la politica estera”.