Bruxelles – Prendi i soldi (europei) e scappa. I contributi comunitari per le rinnovabili fanno la felicità economica dei pochi che presentano i progetti a Bruxelles per gli investimenti nelle aree rurali, ma non quella dei tanti che lì vivono. La Commissione europea non ha idea di come e quanto sia stato speso per la produzioni di energia da fonte diversa da quelle tradizionali, i controlli sono pochi, e l’Europa si allontana dai cittadini. La Corte dei conti europea (Eca) rileva le criticità nella relazione speciale sulle energie rinnovabili. Il titolo della pubblicazione già dice molto, se non addirittura tutto: “Energia da fonti rinnovabili per uno sviluppo rurale sostenibile: vi sono notevoli sinergie potenziali, ma per lo più non realizzate”.
L’Unione europea e gli Stati membri che ne fanno parte si sono posti obiettivi di riduzione dei consumi energetici derivanti da fonti combustibili. Secondo i revisori dell’Ue, sia la produzione che il consumo di energia da fonti rinnovabili nell’Ue “sono aumentati, ma sono ancora necessari ulteriori sforzi” per raggiungere i valori-obiettivo fissati in comune in materia di energie rinnovabili, ossia che raggiungano il 20% del consumo finale di energia dell’Ue. Per cercare di aiutare governi ed Enti locali a investire in un settore ritenuto strategico, si è deciso di erogare fondi anche attraverso il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (Feasr), così da contribuire allo sviluppo sostenibile delle aree non urbanizzate dell’Ue. Tuttavia, lamenta la Corte dei conti, “la Commissione non ha fornito sufficienti chiarimenti o orientamenti in proposito, e non ha neanche spiegato in che modo il Feasr dovrebbe integrare i regimi di finanziamento comunitari e nazionali esistenti”.
Non sorprende questa mancanza di chiarimenti. Secondo l’Eca, l’esecutivo comunitario “non dispone di informazioni esaurienti” sulla spesa Feasr per le energie rinnovabili nel periodo di programmazione rurale 2007-2013, né sulle modalità con le quali detta spesa si inserisce in quella complessiva dell’Unione europea per l’energia da fonti rinnovabili. “Vi sono anche limitate informazioni” su quello che è stato ottenuto con i fondi spesi, e nonostante alcuni miglioramenti apportati durante il periodo di programmazione 2014-2020, “permangono debolezze nel sistema di monitoraggio, principalmente a causa di complicazioni nell’esercizio di programmazione e della ristretta portata degli indicatori principali”.
Senza controlli si aprono le maglie per i furbetti. “A causa delle debolezze nelle procedure di selezione dei progetti applicate dagli Stati membri, il finanziamento ha apportato un beneficio economico ai responsabili dei progetti, ma ha avuto scarso impatto ulteriore sulle aree rurali”. In parole povere, c’è chi si intasca i soldi europei per il proprio profitto personale senza alcuna ricaduta positiva sui territori a cui quei fondi sono destinati. Il tutto grazie ai contributi statali. I Paesi membri, infatti, controllano anche meno della Commissione, a giudicare dall’Eca che invita l’esecutivo comunitario a “chiedere agli Stati membri di fornire, nelle rispettive relazioni annuali sull’attuazione del 2019, informazioni pertinenti su quanto conseguito, nel contesto dei programmi di sviluppo rurale, dai progetti relativi alle energie rinnovabili”.