Bruxelles – L’Italia ha compiuto sforzi di risanamento straordinari, i cui effetti sono destinati a durare a patto che non si stravolgano troppo le politiche economiche e che, soprattutto, si abbia una stabilità. Le previsioni economiche di primavera della Commissione europea contengono indicazioni soprattutto politiche per il Paese. Ci sono gli indici macro-economici, certo, ma soprattutto i giudizi. Positivi, almeno fin qui.
Le riforme varate fin qui dall’Italia piacciono, al punto che la Commissione europea conferma le stime di crescita fatte lo scorso febbraio e migliora quelle di riduzione del debito fatte a novembre. Il prodotto Prodotto interno lordo (Pil) è atteso in aumento dell’1,5% nel 2018 e dell’1,2% nel 2019, mentre la riduzione del rapporto debito/Pil è ora prevista al 130,7% a fine anno (era 130,8% nelle ultime previsioni), e al 129,7% nel 2019 (contro il 130%). Bene anche il deficit nominale: per 2017, 2018 e 2019 è previsto, rispettivamente, al 2,3%, all’1,7% e all’1,7% in rapporto al Pil (le ultime stime Ue erano 2,1%, 1,8% e 2%).
Le stime si basano sull’assunto che il Paese continuerà il percorso di risanamento “a politiche invariate ed escludendo il rialzo legislativo delle aliquote Iva”. Più di un’indicazione per il prossimo esecutivo tricolore, chiunque sarà chiamato a presiederlo. Ma la Commissione avverte: serve un governo il prima possibile.
“L’incertezza politica è diventata più pronunciata e, se prolungata, potrebbe rendere i mercati più volatili e incidere sul clima economico e sui premi di rischio”. Insomma, va formato un governo quanto prima altrimenti si corre il rischio di vanificare quanto di buono fatto finora. “I rischi per la crescita sono diventati più orientati al ribasso” in Italia.
C’è poi la questione dell’aggiustamento strutturale del Pil che continua a gravare sull’Italia. Le regole europee vorrebbero un miglioramento pari ad almeno lo 0,6% del Pil nel 2018, con l’Italia che aveva ottenuto di poter correggere solo fino allo 0,3% del Pil, ma che a quanto pare non sarà in grado di farlo. “Secondo le nostre previsioni lo sforzo di correzione strutturale atteso per il 2018 è pari a zero”, riconosce il commissario per gli Affari economici, Pierre Moscovici.
Andranno trovati circa cinque miliardi. Potrebbe voler dire una manovrina, ma anche questo è un problema per il governo chiamato a succedere quello uscente di Paolo Gentiloni. La Commissione tornerà sull’argomento il 23 maggio, quando si approverà il prossimo pacchetto economico, comprensivo delle raccomandazioni specifiche per Paese. Per il 2019, poi, si prevede un peggioramento del saldo strutturale pari a un quarto di punto di Pil (0,25%, pari a circa 400 milioni).
L’Italia può godere comunque della ripresa in atto nell’Ue e nell’eurozona, mai così sostenuta da dieci anni a questa parte. I Pil comuni “hanno battuto le aspettative nel 2017”, rileva l’esecutivo comunitario, raggiungendo in entrambi i casi il 2,4%. Quest’anno e il prossimo si assisterà a leggere flessioni (-0,1% nell’Ue a 28 e in quella a 19, e crescita del 2% nel 2019). La Commissione avverte: gravano le incognite legate alle incertezze internazionali. “L‘economia è più esposta a fattori di rischio esterni, che si sono rafforzati e sono diventati più negativi”. Ogni riferimento al presidente degli Stati Uniti e alla sua intenzione di porre dazi, non è casuale. “Il più grande rischio per questa prospettiva rosea è il protezionismo”, sostiene Moscovici. “Non vogliamo che diventi la nuova regola”.