Bruxelles – Si è concretizzato un asse di opposizione tra l’Italia e i Paesi del Gruppo Visegrad contro la proposta della presidenza bulgara del Consiglio dell’Ue per la riforma del regolamento di Dublino. Oltre all’Italia, anche Spagna, Austria, Romania, Ungheria, Slovenia e Slovacchia al Consiglio Affari Interni di Lussemburgo si dichiarano contrari alla proposta di riforma, che accresce la responsabilità per i paesi di primo arrivo in termini di servizi e riduce la solidarietà, in quanto il meccanismo di ridistribuzione scatterebbe su base volontaria solo quando i flussi migratori aumentano del 160% rispetto all’anno precedente, diventando obbligatorio solo quando si raggiunge la soglia del 180%.
La riduzione della penale per il rifiuto di un richiedente asilo da 250mila a 30mila euro non è sufficiente per ottenere consenso sulla riforma. “Siamo aperti ad una discussione costruttiva sulla proposta della presidenza bulgara su Dublino, ma così com’è è inaccettabile” ha dichiarato il segretario di stato tedesco Stephan Mayer al suo ingresso al consiglio Affari interni di stamani a Lussemburgo, “non solo paesi di primo arrivo come l’Italia si oppongono, ma anche i Paesi Visegard sono contrari”, ha concluso.
Al suo arrivo a Lussemburgo il ministro dell’Interno austriaco Herbert Kickl ha detto che l’Austria considera l’Italia un alleato forte e che in giornata si sentirà a telefono con Matteo Salvini, anche dichiarando di tenere in considerazione l’annuncio di una piccola rivoluzione copernicana sulla politica di asilo in Europa nel caso in cui non ci sarà intesa sul tavolo riguardo alla riforma di Dublino.
“Ci sono molti Stati membri che hanno molto da ridire sui punti della riforma, e anche io ho delle questioni che vorrei riformare in futuro” ha affermato il ministro alla Migrazione olandese Mark Harbers, “è complicato raggiungere un accordo che accontenti tutti, ma cercare di trovare soluzioni è un qualcosa che dobbiamo ai cittadini europei”.
In totale sette paesi si sono dichiarati contrari alla ministeriale Interni a Lussemburgo, mentre Estonia, Polonia e Gran Bretagna si sono astenuti. I restanti 18, pur non soddisfatti, lasciano la porta aperta al negoziato, in particolare Grecia, Malta e Cipro che, in questo modo, fanno presagire una spaccatura del fronte mediterraneo sulla questione migratoria.