Se come dice il Ministro Savona il governo italiano è favorevole all’istituzione di un sistema di scuole europee di ogni ordine e grado, che cominci a portare avanti l’idea sollevando la questione al prossimo Consiglio dei Ministri. E soprattutto che promuova fin da subito presso il Consiglio superiore la prima misura da prendere per diffondere il modello educativo delle scuole europee: aprirle a chiunque voglia frequentarle e non riservarne l’accesso ai funzionari europei. Questo sì che sarebbe un segnale forte di riavvicinamento dell’Unione alla società europea, un atto che potrebbe davvero segnare un ripensamento del progetto europeo partendo dai cittadini.
Il modello educativo delle scuole europee è un piccolo gioiello inventato quando in queste istituzioni c’era ancora il coraggio di pensare il nuovo. Negli anni, una visione politica miope, l’ossessione della riduzione di spesa e un’asettica gestione priva di prospettiva didattica hanno cominciato a sabotarlo fino a metterne in pericolo l’esistenza. Un recente numero di Politico ha messo in evidenza le flagranti incongruenze nel sistema di votazione, delle scuole europee dovuto essenzialmente al fatto che malgrado la loro pluridecennale esistenza, esse non hanno mai elaborato un sistema di valutazione a loro proprio. Questo è dovuto anche al fatto che le sezioni linguistiche vivono in compartimenti stagni e fanno riferimento ciascuna al proprio governo, senza avere mai sviluppato una cultura educativa propriamente europea. Di qui la crescente debolezza delle scuole europee, se non proprio voluta di certo non contrastata dai nostri governi, che da anni riducono le risorse loro destinate e sembrano decisi a far sì che mai esca da queste istituzioni un nucleo di tradizione culturale e educativa autenticamente europeo.
L’insegnamento in tre lingue di cui una veicolare, è la ricetta perfetta per creare generazioni di europei che condividono diverse lingue e dalle quali può infine scaturire quel demos europeo che solo può fare dell’Unione Europea una comunità a pieno di titolo, con una visione di sé e un senso di appartenenza. Un corso di studi aperto a chiunque, che raduni nelle stesse classi ragazzi di nazionalità e di lingue diverse sarebbe uno strumento formidabile di integrazione e di formazione di una coscienza comune, in questo modo accessibile anche alle nuove generazioni di migranti che così troverebbero nell’Unione Europea un senso di appartenenza senza perdere la loro cultura identitaria. Quale migliore via per cancellare le frontiere, non solo sulla carta ma soprattutto nelle menti?
Il curriculum delle scuole europee aperte a tutti deve però essere ripensato, con degli adattamenti soprattutto nell’insegnamento della storia, e qui il Ministro Savona ha pienamente ragione. Oggi l’insegnamento della storia è incoerente e frammentario, privo di un narrato, troppo sbilanciato nel voler essere super partes. La storia da insegnare deve essere innanzitutto quella nazionale, per dare allo studente consapevolezza della costruzione politica da cui in fondo l’Unione Europea proviene. In più il curriculum storico deve affrontare con coraggio l’epoca contemporanea, senza il timore di prendere partito per il progetto europeo e farne l’idea portante del proprio progetto educativo. Non può esservi una scuola che non educhi all’appartenenza, che non trasmetta una visione della società di cui è l’espressione.
Ad esempio il voler camuffare la festa del 9 maggio, che è propriamente la celebrazione dell’Unione Europea in una kermesse senz’anima dall’insipido nome di “Foot fest” e farne semplicemente un torneo di calcio è uno dei segni di mancanza di coraggio delle scuole europee. Sembra che un’istituzione come la scuola europea, che porta nel suo nome la propria essenza e ragion d’essere non trovi neppure l’orgoglio di festeggiare il progetto politico da cui essa stessa scaturisce. Il 9 maggio dovrebbe invece essere un giorno solenne nelle scuole europee e celebrare esplicitamente la costruzione europea. Poi benvenuto il calcio e la sua infallibile capacità di aggregare, ma prima deve venire l’ideale.
Un altro contenuto che dovrebbe essere inserito nel curriculum delle scuole europee è l’insegnamento della cultura classica, oggi quasi assente. Perché fuori dal tempo, la cultura classica appartiene a tutte le nazioni europee senza essere specifica di nessuna. Neppure l’Italia o la Grecia possono rivendicarla come propria, tanto essa si è amalgamata alla storia culturale di tutto il continente. Non è un caso che la scuola europea porti il nome latino di Schola Europaea. Perché il latino è di tutti e costuituisce, assieme alla cultura classica, quel sostrato di riferimenti e figure che da sempre ci accomuna e che ritroviamo ovunque nelle nostre città e nei nostri paesi, dalle arti visive alla musica, dalla letteratura al teatro. Lasciare che vada perduto questo patrimonio culturale sarebbe come separarci dalla nostra origine. In ogni società esiste una cultura alta che si trasmette di generazione in generazione e che garantisce la continuità culturale. La cultura classica ha svolto questo ruolo in Europa per secoli grazie al suo solo prestigio, senza che nessuno potesse prenderne possesso, tanto era universale. Oggi che l’Europa potrebbe farla propria sembra invece abbandonarla. Si parla tanto di valori comuni e si trascura l’unico che non è controverso e universalmente condiviso
Se è vero che le scuole europee nacquero come istituzioni riservate ai figli dei funzionari che non potevano trovare all’estero scuole nelle loro lingue, oggi questa distinzione deve essere abbandonata. La sempre più forte mescolanza, almeno in talune regioni d’Europa, di persone provenienti da paesi diversi, rende necessario l’accesso ad un’istruzione multilingue aperta a tutti. Le scuole europee dovrebbero coglere questa occasione come una grande opportunità per diffondere assieme al loro modello pedagogico l’ideale europeo. Si stanno invece estinguendo, per mancanza di risorse e piccolezza di vedute.
In conclusione, un sistema scolastico europeo può fare per l’Europa ben più di Euro e Schengen messi insieme. Può dare un contenuto a un contenitore purtroppo ancora vuoto di un narrato proprio e intasato da superate concezioni nazionali, oggi fagocitate dai sovranismi. Se il Ministro Savona e il suo governo saranno capaci di avviare questo processo, l’Italia potrà davvero dire di avere cambiato l’Europa.