Bruxelles – La Commissione europea (e la democrazia) vincono il primo round contro la Polonia e la politica del suo governo per limitare l’indipendenza della magistratura: la Corte di Giustizia dell’Ue ha accolto la richiesta di sospensione della legge sul pensionamento anticipato di magistrati. Una decisione assunta in via cautelativa, prima ancora del pronunciamento della sentenza nel procedimento attivato da Bruxelles contro Varsavia.
Il 3 aprile scorso è entrata in vigore la nuova legge polacca sulla Corte suprema, secondo la quale l’età pensionabile dei suoi giudici è stata abbassata a 65 anni. Per avere una proroga i magistrati devono fare domanda, presentare un certificato medico di buona salute, e soprattutto avere il permesso del presidente della Repubblica.
Il 2 ottobre la Commissione europea ha presentato un ricorso per inadempimento dinanzi alla Corte di giustizia, perché Bruxelles ritiene che la Polonia abbia violato il diritto dell’Unione avendo, da un lato, abbassato l’età pensionabile e avendola applicata ai giudici nominati presso la Corte suprema fino al 3 aprile 2018 e, d’altro lato, avendo accordato al presidente della Repubblica di Polonia il potere discrezionale di prorogare la funzione giudiziaria attiva dei giudici della Corte suprema.
In attesa della sentenza della Corte, la Commissione ha chiesto alla Corte, nell’ambito di un procedimento sommario, di ordinare alla Polonia di adottare alcuni provvedimenti provvisori: 1) sospendere l’applicazione delle disposizioni nazionali relative all’abbassamento dell’età pensionabile dei giudici della Corte suprema; 2) adottare tutte le misure necessarie per garantire che i giudici della Corte suprema interessati dalle disposizioni controverse possano esercitare le loro funzioni nello stesso posto, godendo nel contempo dello status e di diritti e condizioni di lavoro identici a quelli precedenti all’entrata in vigore della legge sulla Corte suprema; 3) astenersi dall’adottare qualsiasi provvedimento diretto alla nomina di giudici della Corte suprema in sostituzione dei giudici della Corte suprema interessati da tali disposizioni, nonché qualsiasi provvedimento diretto alla nomina del nuovo primo presidente della Corte suprema o alla designazione della persona incaricata di dirigere la Corte suprema in sostituzione del primo presidente di tale Corte fino alla nomina del nuovo primo presidente; 4) comunicare alla Commissione, al più tardi, entro un mese dalla notifica dell’ordinanza (della vicepresidente) della Corte, e successivamente ogni mese, tutte le misure adottate dalla Polonia per conformarsi pienamente alla suddetta ordinanza.
La vicepresidente della Corte, Rosario Silva de Lapuerta, prima che la Polonia abbia presentato osservazioni nell’ambito del procedimento sommario, con un’ordinanza ha accolto provvisoriamente tutte le domande della Commissione fino all’adozione dell’ordinanza di chiusura del procedimento sommario.
Secondo la vice presidente gli argomenti presentati dalla Commissione, come spiegano alla Corte “non appaiono, prima facie, manifestamente irricevibili né privi di qualsiasi fondamento. Pertanto non si può escludere che sia soddisfatta la condizione relativa al fumus boni iuris”, necessaria per un provvedimento di questo tipo. De Lapuerta ritene anche che esistano le condizioni di urgenza per giustificare il suo provvedimento in quanto “le disposizioni nazionali controverse hanno già iniziato ad essere applicate, comportando il pensionamento di un numero significativo di giudici della Corte suprema, tra cui la presidente e due presidenti di sezione”.