Bruxelles – Il ruolo del Mediterraneo nel commercio marittimo mondiale sta crescendo esponenzialmente. I motivi sono più di uno: innanzitutto, il miglioramento dell’efficienza dei porti del sud europeo ne ha aumentato notevolmente la competitività. Questo è ancor più vero dal momento dell’allargamento del canale di Suez, che ha indubbiamente portato benefici riducendo i tempi di trasporto e i limiti dimensionali delle navi che lo attraversano. Non solo: essenziale, in questa crescita, è il ruolo della Cina nel Mediterraneo e i suoi investimenti (circa 4 miliardi di euro) in portualità e logistica. In questo quadro, i porti italiani sono potenzialmente interessanti e possono svolgere un ruolo protagonista nel commercio marittimo mondiale.
È quanto emerge, tra le altre cose, dal quinto Rapporto sull’economia marittima, realizzato da Srm (Studi e Ricerche per il Mezzogiorno, il centro ricerche del Gruppo Intesa Sanpaolo) e presentato questa mattina al Parlamento europeo. Dal documento è chiaro come il Mediterraneo, nel giro di un decennio o poco più, abbia aumentato la sua centralità negli scambi marittimi, principalmente grazie alla Cina. In tutto ciò la nuova Via della Seta, iniziativa strategica del paese orientale per il miglioramento dei collegamenti e della cooperazione tra paesi europei e asiatici, incontra i favori dell’industria navale, grazie allo sviluppo del fenomeno del gigantismo delle navi (crescita delle navi in termini di dimensioni) e al loro crescente utilizzo nelle tratte commerciali marittime. Non solo: le rotte asiatiche hanno subito un vero e proprio consolidamento negli ultimi anni, arrivando a rientrare tra le principali direttrici mondiali del commercio via mare.
Il traffico nel Mediterraneo sta quindi subendo un incremento rapidissimo, che rende l’Italia, come già accennato, potenziale protagonista dell’area. Perché potenziale? Per Massimo Deandreis, direttore generale di Srm, ancora non sono sfruttate appieno le capacità dei nostri porti. Il Centro studi, in effetti, parla della necessità di sviluppare una “portualità 5.0”, passando da una visione “tradizionale” degli scali, visti come zona di arrivo e partenza delle merci, per giungere ad una visione più strutturata degli stessi.
Per l’Srm il nuovo governo italiano dovrebbe quindi essere in grado, rispetto ai governi precedenti, di migliorare il collegamento tra le zone portuali con ferrovie e autostrade, riducendo le tempistiche e aumentando l’efficienza. Attualmente, in effetti, le infrastrutture sono inadeguate e non consentono lo sviluppo della logistica commerciale.
Tra gli obiettivi futuri, dice Deandreis, c’è sicuramente il fatto che il porto deve saper attuare strategie non solo votate all’attrazione di traffico ma all’innovazione ed internazionalizzazione del territorio. Lo sforzo dovrà essere quindi orientato alla proiezione della visione economica oltre i confini dell’Italia, riuscendo a sfruttare il “vantaggio naturale” dei porti del sud Italia nell’intercettare i flussi commerciali che si muovono nel Mar Mediterraneo.