Bruxelles – A metà strada tra il resoconto e la campagna elettorale, quella che in Europa riguarda tutti. Commissari compresi. Il nuovo rapporto della Commissione europea sui progressi compiuti in materia di immigrazione contiene dati, messaggi politici, e addirittura una parte speciale dedicata a quella che l’esecutivo comunitario definisce ‘miti’ sul tema. Una sorta di rubrica anti-fake news, in un periodo in cui l’immigrazione finirà inevitabilmente al centro della campagna elettorale in vista delle elezioni europee.
Il messaggio di fondo dell’esecutivo comunitario è composto da più concetti, ed è il seguente: le cose vanno meglio rispetto al 2015, l’UE non si trova più a vivere una crisi, se le cose sono cambiate in meglio è merito dell’Europa che ha agito con proposte e programmi, laddove non ci sono miglioramenti è perché gli Stati, e quindi i governi, non vogliono o non sanno imprimere il passo di marcia necessario.
Non c’è crisi, non ci sono invasioni
Nulla di nuovo, dunque. O meglio, in da tre anni a questa parte i dati sugli arrivi “sono in costante calo”, rileva il commissario per la Migliore legislazione, Frans Timmermans. Gli attuali livelli sono solo il 10% di quelli che erano al loro apice nel 2015. Nel 2018 sono stati rilevati circa 150mila attraversamenti irregolari attraverso le frontiere esterne dell’UE. “Il fatto che il numero di arrivi irregolari sia stato ridotto non è una garanzia per il futuro, considerando le probabilità continuazione della pressione migratoria”.
Allo stato attuale, comunque, “l’Europa non è più in stato di crisi”, e non c’è alcuna invasione di migranti, dato che “la maggioranza dei rifugiati e migranti rimane nei Paesi limitrofi”.
Mancano i progressi dai governi
Perché sia chiaro: “Negli ultimi quattro anni l’UE ha compiuto progressi significativi con risultati tangibili nell’affrontare la sfida della migrazione”. L’UE, cioè le strutture sovranazionali. Nello specifico, si ricorda, l’UE ha garantito un sostegno finanziario “senza precedenti” per gli Stati membri che devono far fronte a una maggiore pressione, vale a dire Grecia (2 miliardi di euro), Italia (885 milioni di euro) e Spagna (708 milioni di euro). Per Italia e Grecia, nel momento della crisi, è stato predisposto un meccanismo obbligatorio di ricollocamento tra gli altri Stati membri. Questi ultimi si sono opposti, non l’EU.
Ancora, la Commissione ricorda di aver proposto di triplicare i finanziamenti per la gestione delle migrazioni e la sicurezza delle frontiere, elevando a 34,9 miliardi di euro la voce di spesa del prossimo bilancio comunitario (MFF 2021-27).
La Commissione lo mette nero su bianco sul rapporto di fresca pubblicazione: “La lezione fondamentale appresa dalla crisi migratoria è la necessità di rivedere le norme dell’UE in materia di asilo e di istituire un sistema equo e adeguato allo scopo e in grado di gestire qualsiasi aumento futuro della pressione migratoria”. Di asilo comune si continua a discutere da sempre, ma senza risultati.
Si è fermi al dibattito su responsabilità e solidarietà. I Paesi di primo arrivo, come Italia e Grecia, devono fare tutti i controlli di rito con registrazioni annesse, e solo dopo gli altri daranno una mano. Questo il paradigma declinato dagli altri governi nazionali europei. Da allora (leggi: 2015) non ci si è più spostati. E le notizie non sono buone.
Il nodo greco
“I problemi chiave in Grecia rimangono irrisolti per quanto riguarda i rimpatri, la procedura di asilo e un alloggio adeguato”, rileva la Commissione europea. “Per migliorare la gestione della migrazione, la Grecia dovrebbe stabilire rapidamente una strategia nazionale efficace con flussi operativi operativi”. Vuol dire che la repubblica ellenica è impreparata, e questo renderà difficile per gli altri Stati membri garantire aiuti.
Il problema del Mediterraneo occidentale
La Commissione europea rivela un aumento degli spostamenti lungo il Mediterraneo occidentale. Gli arrivi irregolare in Spagna via Marocco sono stati oltre 65mila nel 2018, e l’Ue ha già stanziato 140 milioni di euro per potenziare il controllo del confine ispano-marocchino. Ma bisognerà lavorare con il regno nordafricano per fermare i flussi e aumentare i rimpatri.
Avramopoulos: “Noi abbiamo fatto la nostra parte”
“I risultati del nostro comune approccio europeo in materia di migrazione parlano da soli”, sostiene il commissario per l’Immigrazione, Dimitris Avramopoulos. Rivendica i risultati dell’Unione, di quella Europa tanto criticata. E incalza gli Stati, impegnati in campagne elettorali spesso troppo anti-europee. “E’ essenziale perseguire il nostro approccio comune, ma anche completare la riforma in corso del sistema di asilo dell’UE”. Una cosa che spetta agli Stati. A cui si chiede, nell’attesa di soluzioni comuni definitive, di “stabilire in via prioritaria le disposizioni temporanee relative allo sbarco”.