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Home » Editoriali » Xylella, Efsa apre alla ricerca di Scortichini, ma chiede conferme

Xylella, Efsa apre alla ricerca di Scortichini, ma chiede conferme

"Servono dati aggiuntivi per verificarne l'efficacia nel tempo"

Lorenzo Consoli</a> <a class="social twitter" href="https://twitter.com/@LorenzoConsoli" target="_blank">@LorenzoConsoli</a> di Lorenzo Consoli @LorenzoConsoli
16 Maggio 2019
in Editoriali
Xylella, abbattimenti, Commissione Ue

Nell’aggiornamento, pubblicato ieri della propria valutazione sui rischi che il batterio “Xylella fastidiosa” presenta per piante e colture dell’Ue, e in particolare per gli ulivi in Puglia, l’Autorità europea di Sicurezza alimentare di Parma (Efsa) esamina anche alcuni studi che si concentrano sulle possibili “cure” per diminuire la carica batterica e quindi la virulenza della malattia negli alberi infetti.

In particolare, in uno dei tre rapporti pubblicati (“Effectiveness of in planta control measures for Xylella fastidiosa”), l’Efsa esamina in modo approfondito i risultati delle ricerche effettuate negli ultimi tre anni dal batteriologo Marco Scortichini e dal suo team, che sono basate sull’applicazione agli infetti di un concime fogliare spray a base di zinco, rame e acido citrico biocomplesso (un composto brevettato dal nome commerciale Dentamet).

Si tratta di ricerche regolarmente pubblicate su giornali scientifici e sottoposte a “peer review”, ma tuttavia molto controverse, perché soggette ad attacchi e critiche feroci da parte del composito fronte di interessi che punta alla totale libertà di espianto per tutti gli ulivi coltivati in modo estensivo in Puglia, compresi quelli monumentali (che finora erano protetti), in modo da sostituirli con altre colture, più redditizie, e magari con impianti superintensivi.

Ad esempio, in comunicato diffuso a commento della pubblicazione dei rapporti dell’Efsa, la Coldiretti va giù durissima: “Si assiste a giorni alterni a malcelati tentativi di mettere sullo stesso piano i fatti raccontati dai ricercatori, con complotti utili a bloccare le attività di contenimento e le farneticazioni su miracolose guarigioni mai dimostrate da parte di personaggi in continua ricerca di autore che vivono di bugie e falsità”, ma “l’Efsa chiarisce che non esiste ancora una cura in grado di eliminare il batterio vegetale Xylella fastidiosa”, si legge nel comunicato, dove il riferimento polemico alla “cura Scortichini” è evidente.

Molto più equilibrato è il commento di Confagricoltura, che riassumendoi le conclusioni dell’Efsa afferma: “La Xylella fastidiosa è una minaccia per tutta l’olivicoltura mediterranea ed europea, i trattamenti sperimentati in questi anni possono ridurre i sintomi, ma non eliminano il batterio e quindi l’applicazione tempestiva delle misure di controllo Ue resta l’unico modo per fermare la malattia”.

In realtà, la valutazione che l’Efsa fa delle ricerche di Scortichini e del suo team segna un’apertura, e non certo una chiusura al metodo privilegiato dal batteriologo (una cura per far regredire i sintomi e la virulenza dell’infezione), e un riconoscimento dei suoi risultati; ma non mancano le critiche a certi limiti riscontrati nella sperimentazione, e viene sottolineata in conclusione la necessità di “dati aggiuntivi” per “verificare l’efficacia” delle misure di controllo della malattia anche in tempi lunghi.

“Durante i tre anni dell’esperimento – riferisce l’Efsa nel suo rapporto -, una diminuzione statisticamente significativa della gravità della malattia è stata osservata negli alberi trattati rispetto agli alberi di controllo, ma la Xylella fastidiosa era ancora presente alla fine dell’esperimento sia sugli olivi trattati che su quelli non trattati”; inoltre, “negli alberi trattati il numero medio di ramoscelli secchi era più alto durante l’ultimo anno dell’esperimento (tra 30 e 60) rispetto al primo anno (5-10)”.

E se, riconosce l’Efsa, “nella maggior parte dei casi è stata osservata una diminuzione statisticamente significativa della concentrazione di DNA di Xylella fastidiosa negli alberi trattati rispetto agli alberi non trattati”, tuttavia questa misurazione è stata effettuata “su un piccolo numero di alberi (due alberi trattati nel 2016, un albero trattato nel 2017 e due alberi non trattati nel 2016 e 2017)”, e “la concentrazione iniziale (prima di iniziare il trattamento) di DNA di Xylella fastidiosa non è stata chiaramente indicata”.

In un altro esperimento della loro ricerca, Scortichini e i suoi collaboratori hanno anche iniettato il Dentamet direttamente nel tronco di alberi infetti, e osservato “un ritorno della germogliazione” negli ulivi così trattati, mentre “gli alberi di controllo non hanno mostrato alcuna nuova vegetazione”. Tuttavia, questo non significa che il batterio fosse scomparso: “Analisi quantitative in tempo reale secondo la tecnica PCR hanno dimostrato che la Xylella fastidiosa era presente in diversi alberi trattati” puntualizza l’Efsa.

Il rapporto Efsa, infine, esamina anche i risultati di un ulteriore elemento della ricerca di Scortichini e del suo team: un programma di controllo integrato in due aziende agricole, comprendente oltre al trattamento spray con Dentamet,  diverse tecniche agronomiche aggiuntive (potatura, rimozione di erbe infestanti) . Il risultato di questa sperimentazione è che alla fine, riconosce l’Autorità di Sicurezza alimentare, “gli alberi trattati con Dentamet avevano il 45% di ramoscelli secchi in meno rispetto agli alberi di controllo”.

“Questi esperimenti – si legge alla fine del paragrafo sulle ricerche di Scortichini – hanno dimostrato che gli spray Dentamet possono portare a una riduzione della gravità della malattia rispetto agli alberi non trattati”; ma d’altra parte, “i risultati non hanno dimostrato che il Dentamet abbia fornito un pieno controllo della malattia nei tre anni della sperimentazione”. Inoltre, “alcuni dei risultati di questo studio sono basati su un numero limitato di campioni, e quindi – conclude l’Efsa – sono necessari dati aggiuntivi per verificare l’efficacia di queste misure di controllo della malattia”.

Tags: efsaScortichinixylella

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