Bruxelles – Si chiama “agenda strategica”, ma a dispetto del nome non offre alcuna soluzione vera ai problemi che l’Europa sa di avere di fronte. Il via libera dei capi di Stato e di governo al documento programmatico della nuova legislatura arriva perché la nuova legislatura è alle porte, e non c’è più tempo ragionarci su. Si fissano dunque linee guida e principi. Ci sarà tempo per correggere e riempire di contenuti e importanti dettagli (ad esempio le date) in corso d’opera quello che l’agenda politica sottoscritta dai leader lascia del tutto insoluto. Come il clima o i migranti.
Quattro le grandi aree tematiche che costituiscono la priorità di intervento legislativo: proteggere i cittadini e le libertà; sviluppare una base economica “forte e vigorosa”; costruire un’Europa verde, clima-neutrale, equa e sociale; promuovere gli interessi e i valori europei sulla scena mondiale. Nessun colpo di scena, almeno su questo. I quattro punti erano di fatto già concordati, e i leader hanno approvato il lavoro svolto da ministri e sherpa in questo senso. I punti possono sembrare pochi, ma l’intenzione dell’UE rimane quella di “essere grande sulle cose grandi, e piccola sulle piccole cose”.
Ma l’agenda delle poche grandi intenzioni nasce azzoppata. Quando si tratta di stabilire gli impegni sul clima, dalle conclusioni sparisce ogni riferimento alle scadenza temporali. L’UE voleva arrivare ad un modello economico-produttivo a zero emissioni di carbonio entro il 2050, ma l’anno è sparito dalla conclusioni. Estonia, Polonia, Repubblica ceca, e Ungheria sono riuscite a disinnescare la minaccia per le loro economie ancora fortemente carbone-dipendenti. La sostenibilità può attendere.
“Raggiungere l’unanimità non era possibile oggi”, ammette il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, che comunque guarda all’immediato futuro con cauto ottimismo, com’è ormai suo uso. “Abbiamo buone ragioni per ritenere che ciò possa cambiare, in quanto nessun Paese ha escluso la possibilità di una decisione positiva nei prossimi mesi”.
Intanto però il mancato riferimento al 2050 “è un disastro” per l’agenda sul clima, denuncia la co-presidente del gruppo dei Verdi, Ska Keller. In Consiglio però leader verdi non ve ne sono, e nonostante la battuta d’arresto i Verdi non intendono per ora far naufragare le trattative per la maggioranza. “Lavoreremo in Parlamento con le altre forze politiche”.
Il capitolo all’Europa sostenibile diventa dunque un contenitore di generiche dichiarazioni. Si evoca l’impegno per “una profonda trasformazione della propria economia e società per raggiungere la neutralità climatica”, ma in modo differenziato. L’integrazione differenziata, o l’Europa a più velocità che dir si vogliamo, dovrà tenere conto “delle circostanze nazionali”. Sul fronte industriale e finanziario tutto è atteso dalla prova dei fatti. “Il successo della transizione verde dipenderà dalla significativa mobilitazione degli investimenti privati e pubblici, dall’avere un’economia circolare efficace”. Economia circolare implica recupero e riutilizzo, non certo uno scherzo per chi da sempre è abituato a discariche e invasi.
E poi, scrivono i leader, “dobbiamo continuare a migliorare l’ambiente nelle nostre città e nelle nostre campagne”. Un Paese come l’Italia, in procedura d’infrazione per inquinamento dell’aria, in città e nelle regioni, per le reti fognarie non a norma, e con un divario nord-sud crescente, e una politica di messa in sicurezza del territorio pressoché inesistenti, parte già in ritardo. E potrebbe non essere un caso isolato.
Quanto al primo dei punti in agenda, relativo alla sicurezza dei cittadini, nulla di nuovo. Ribadito l’impegno per politiche di ritorno e controllo delle frontiere. Sono tutti d’accordo sul fatto che i migranti non debbano entrare e che quando entrano, se non hanno il diritto di farlo, debbano essere rimandati indietro, tradotto dal politichese e dall’ipocrisia a dodici stelle. Sulla redistribuzione, nessun passo avanti. La solidarietà rimane un concetto vago e astratto.
“Abbiamo bisogno di un accordo su una politica efficace in materia di migrazione e asilo”. Un ritornello che si ripete dal 2015, da quando è esplosa la crisi dei richiedenti asilo. “È necessario trovare un consenso sul regolamento di Dublino per riformarlo sulla base di un equilibrio di responsabilità e solidarietà, tenendo conto delle persone sbarcate in seguito alle operazioni di ricerca e salvataggio”. Si lavora da anni a questo, senza riuscire a registrare progressi.
Si rinnova l’invito a difendere lo stato di diritto, sempre più sotto attacco in Europa. La difesa di libertà fondamentali ricade sotto il primo dei quattro punti dell’agenda strategica, dove si fissa il principio di “prendere le misure necessarie per garantire il corretto funzionamento di Schengen”, l’area dove vige la libertà di circolazione di persone, merci, servizi e capitali.
Proprio il rafforzamento delle quattro libertà sono un punto centrale della seconda delle quattro priorità dell’agenda strategica, quella economica. Il mercato unico va potenziato sul settore delle nuove tecnologie e del digitale. La IX legislatura europea (2019-2024) deve guardare a questo. Uno sforzo che implica ricerca e stimolo di investimenti – con la formula pubblico-privata considerata come quella da privilegiare – al pari dello sforzo per la costruzione delle infrastrutture necessarie.
Sulla politica estera, oggetto del quarto punto (“promuovere gli interessi e i valori europei sulla scena mondiale”), nessuna aggiunta a quanto a detto finora. L’UE intende ritagliarsi sempre più un posto e un ruolo sullo scacchiere internazionale. E’ decisa a potenziare difesa comune, e lavorare a stretto contatto con Nazioni Unite e Alleanza atlantica. Intende diventare sempre più soggetto di mediazione e cooperazione. L’Africa rimane un terreno dove investire in politica estera, ma “relazioni con i nostri partner strategici, inclusi quelli transatlantici e le potenze emergenti, devono essere una componente robusta della nostra politica estera”.
Si parla finalmente di politica estera europea, idea rimasta tabù per troppo tempo. In questo si segnala un’ambizione forse mai così alta. L’Europa ci proverà, al netto delle divisioni.