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Home » Politica » Migranti, l’intesa di Malta fatica a decollare

Migranti, l’intesa di Malta fatica a decollare

Ancora pochi i Paesi che aderiscono. La ministra italiana Lamorgese: “si va avanti comunque”

Nicola Corda</a> <a class="social twitter" href="https://twitter.com/@NicolaCorda" target="_blank">@NicolaCorda</a> di Nicola Corda @NicolaCorda
9 Ottobre 2019
in Politica

Lussemburgo – L’accordo di Malta diventerà un progetto pilota ma per ora non c’è nessuna firma e i Paesi disponibili a entrare nel meccanismo di redistribuzione automatica sono in un numero ancora limitato. L’intesa a quattro (Italia, Germania, Francia e Malta) del vertice di La Valletta ha occupato una buona parte del Consiglio europeo dei ministri dell’interno di ieri in Lussemburgo, ma da subito ha mostrato i suoi limiti.

L’adesione al sistema di ricollocamento dei migranti resta infatti ancora limitata.  È stato il Commissario europeo Dimitris Avramopoulos a ricordare che si tratta di un’intesa di massima che riguarda in primo luogo solo il mediterraneo centrale e che oltre ai quattro Paesi promotori hanno mostrato disponibilità ad accogliere Irlanda, Portogallo e Lussemburgo.

“Non c’è stata nessuna firma ma non era neppure prevista” ha spiegato al termine della riunione la ministra Luciana Lamorgese, “noi continueremo a lavorare affinché l’accordo valga per il maggior numero di Paesi”. Nessun atto firmato “non significa che non si possa partire comunque” per chi già è favorevole ad aderire.

Si capisce che se solo “tre o quattro” Stati, o una decina come dice la rappresentante del governo francese Amélie de Montchalin, sono il risultato alcune settimane di trattative informali, l’allargamento della solidarietà tra i 28 non è proprio dei più incoraggianti. Tanto più che anche la stessa Germania con Il ministro dell’Interno Horst Seehofer, pur indicando che “è necessario fare di più per coinvolgere altri Paesi” ha ricordato che l’intesa può funzionare solo se i numeri dei ricollocamenti restano quelli attuali. In sostanza se si torna all’emergenza di dover distribuire migliaia di rifugiati, i governi che al momento sono disponibili ad accogliere non reggerebbero l’impatto.

Per chi aderirà volontariamente allo schema stabilito a Malta, è prevista la ricollocazione obbligatoria di una quota di rifugiati (le proporzioni per ogni Stato non sono ancora stabilite) prima degli sbarchi nei porti più vicini che nella gran parte dei casi sono stati finora Italia e Malta. Distribuzione che dovrebbe avvenire entro quattro mesi e prima della verifica sul diritto all’asilo. Per i migranti a cui viene negata la protezione umanitaria, rimane solo il rimpatrio che nelle intenzioni dovrebbe essere gestito con accordi diretti tra l’Ue e i Paesi di provenienza.

Il Consiglio riunito a Lussemburgo ha dovuto discutere di una nuova emergenza scattata sulle rotte orientali del mediterraneo orientale per la quale hanno lanciato l’allarme Grecia, Cipro e Bulgaria. “Io penso che l’accordo dell’UE con la Turchia, che sta svolgendo un’opera umanitaria, deve essere sostenuto con convinzione” ha detto Avramopoulos, dimenticando forse che il regime di Erdogan non è proprio un esempio per il diritto civile internazionale e non solo con i suoi cittadini. Il nodo dell’accordo con la Turchia (6 miliardi di euro) per la gestione dei flussi è valido fino al 2019 e per il prossimo anno la richiesta all’Unione europea potrebbe essere salire generando molti malumori.

Il controllo delle rotte deve essere costante “tutte sono ugualmente importanti e se facciamo progressi su una non possiamo abbandonare le altre” ha detto Maria Ohisalo, la presidente di turno finlandese che incoraggia gli sforzi fatti finora con il pre-accordo di Malta perché “più stati ci saranno, più il progetto pilota funzionerà e ci darà indicazioni su come lavorare in futuro nella maniera più efficiente possibile”.

Tags: agenda migranticonsiglio europeo affari interniDimitris Avramopoulosfondo migranti UeLuciana Lamorgese

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