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Home » Economia » La forza della moda italiana tra lotta alla contraffazione e crescita del mercato online

La forza della moda italiana tra lotta alla contraffazione e crescita del mercato online

A Bruxelles Deloitte presenta l'ultima pubblicazione in collaborazione con Scuola Holden: 25 imprenditori del fashion italiano raccontano le sfide che il comparto sta affrontando: attrazione di giovani talenti e concorrenza dei partner internazionali tra le più impellenti

Gaia Terzulli</a> <a class="social twitter" href="https://twitter.com/@gaiaterzulli" target="_blank">@gaiaterzulli</a> di Gaia Terzulli @gaiaterzulli
17 Ottobre 2019
in Economia, enindustry

Bruxelles – “Crescere significa adattare il mondo perfetto delle idee a quello imperfetto della realtà”. Citando il caposcuola della moda italiana, Giorgio Armani, il vicepresidente del Parlamento europeo, Fabio Massimo Castaldo, ha chiuso la tavola rotonda seguita alla presentazione di “Making IT – Fitting the future”, la nuova pubblicazione di Deloitte in collaborazione con Scuola Holden, dedicata a questo trainante settore dell’economia italiana, avvenuta ieri nelle sale del Parlamento europeo, a Bruxelles.

Un connubio di sinergie, quelle dell’azienda di servizi di consulenza e degli specialisti nello storytelling, confluite in una raccolta di 25 interviste a imprenditori del Made in Italy, custodi di tradizioni familiari e innovatori instancabili. Che col “mondo imperfetto della realtà” fanno i conti ogni giorno, a partire dalla dilagante falsificazione degli originali. “La contraffazione colpisce le aziende e genera fatturato illegalmente, alimentando un giro malavitoso, e per questo deve essere affrontata a livello nazionale ed europeo”, sostiene Claudio Marenzi, presidente di Confindustria Moda, intervenuto al dibattito. E non è la sola minaccia all’industria della moda. L’export d’abbigliamento di lusso italiano dentro e fuori dall’Europa, che rappresenta il 70% del fatturato annuale complessivo del Paese (95, 5 miliardi per il 2018), deve oggi confrontarsi con la concorrenza dei non meno ambiziosi tedeschi e cinesi. Le imprese italiane “stanno reagendo con flessibilità”, afferma Patrizia Arienti, Senior partner Deloitte ed EMEA Fashion & Luxury leader, ma i mutamenti degli equilibri geopolitici restano un fattore da tenere sotto controllo.

Anche le trasformazioni culturali sembrano influire sull’andamento dell’industria del fashion nostrano: l’emergere di un nuovo consumatore, sempre più connesso e informato, impone alle imprese d’insistere ancor più su innovazione e unicità, mantenendo i ritmi di produzione sempre più elevati. Come sopravvivere all’egemonia dei social network e al progressivo sostituirsi delle transazioni online al rapporto privilegiato tra cliente e venditore? Puntando sulla condivisione di valori, tra cui spicca la sostenibilità ambientale. “La ricerca di soluzioni a ridotto impatto ecologico ha portato le aziende italiane del comparto a considerare nuovi processi di produzione”, spiega Arienti. Un’attenzione confermata dall’adesione di 30 brand internazionali del lusso al Fashion Pact, un patto tra aziende private e Stati nazionali per stimolare una creatività rispettosa dell’ambiente.

L’ultima sfida degli imprenditori del trendy, è la più impellente e riguarda l’attrazione di nuovi talenti. Nonostante il comparto italiano generi il 34% del valore aggiunto a livello europeo, occupando un quinto dei lavoratori dell’Eurozona (22%), i giovani sono ancora poco propensi a cercare impieghi nell’industria manifatturiera. “Alcune delle aziende intervistate si stanno muovendo per contrastare questa tendenza”, afferma Alessandro Fontana, partner di Deloitte. “Per far ciò – continua – bisogna partecipare alla formazione della forza lavoro del futuro, costruendo le competenze che serviranno in un domani molto vicino, ma anche tramandando, di generazione in generazione, l’arte di saper fare”.

Tags: bruxellesConfindustria Modacontraffazionedeloitteexportfashionindustria modaModaparlamento europeoScuola Holden

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