Strasburgo – Verdi di nome e dalla rabbia. Philippe Lamberts e gli ambientalisti non l’hanno mandato giù quel veto del presidente francese Emmanuel Macron all’avvio dei negoziati per l’inclusione di Albania e Macedonia del Nord nell’Unione europea.
“Ancora una volta Macron ha voluto far vedere i muscoli, ma questo è un atteggiamento tossico per tutta l’Europa”, tuona il copresidente dei Verdi davanti alla stampa, rincarando la dose di querimonie spese poche ore prima dal presidente della Commissione europea, Jean Claude Juncker. “E’ un grave errore non aver aperto i negoziati, perché colpisce questi due Paesi nel loro cuore e l’Ue dà l’impressione di non mantenere le promesse che fa”, ha detto stamane in Parlamento Juncker. La stessa frase l’ha ripetuta poco dopo Lamberts, aggiungendo un finale che suona come un vero e proprio j’accuse al capo dell’Eliseo: “Macron è stato accolto al Parlamento europeo due anni fa come un ‘grande europeo’, ma col passare del tempo ha mostrato di non essere né eccezionale né europeo come tutti presumevano”.
Un giudizio implacabile quanto atteso, dopo le frecciate piovute sul presidente francese dagli emicicli del Parlamento. E che altrettanto prevedibilmente fa suo Dacian Ciolos, capogruppo di Renew Europe, particolarmente sensibile, in quanto rumeno, al senso d’inclusione di cui l’Unione dovrebbe farsi promotrice. Lo ammette lui stesso, consegnando alla sala stampa un’amarezza palpabile, seppur contenuta: “Da cittadino della Romania, sono convinto che l’allargamento debba essere il cuore delle politiche europee. Non possiamo chiedere alle nazioni di affrontare riforme senza renderle capaci di ambizioni e senza restituire loro una concreta prospettiva europea”.
Sono parole soppesate le sue, mai chiaramente indirizzate al bersaglio, Macron, membro dello stesso Gruppo politico, ma lasciano percepire quel tanto di ruggine creatasi tra i due liberali. Ciolos prova pure a smorzare il tiro, apprezzando la volontà del collega francese di approfondire l’attuale perimetro del progetto europeo. Ma sul fulcro della questione è inamovibile: ambire all’ampliamento, alla coesione, è un valore irrinunciabile per l’Unione europea. E con la chiusura non si va da nessuna parte.