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Home » Economia » Biggeri (Banca Etica) su svolta ‘green’ della Bei: “Energia pulita attira opportunità per l’economia”

Biggeri (Banca Etica) su svolta ‘green’ della Bei: “Energia pulita attira opportunità per l’economia”

INTERVISTA La scelta "chiara e netta" assunta ieri dalla Banca europea degli investimenti ha finalmente "fatto chiarezza su cosa voglia dire impegnarsi realmente contro i cambiamenti climatici"

Fabiana Luca</a> <a class="social twitter" href="https://twitter.com/@fabiana_luca" target="_blank">@fabiana_luca</a> di Fabiana Luca @fabiana_luca
15 Novembre 2019
in Economia, enindustry

Bruxelles – Quali margini di crescita può offrire una politica europea totalmente ‘carbon free’ e quali conseguenze avrebbe sulle misure di classificazione europea delle attività economiche sostenibili (tassonomia)? L’approvazione da parte della Banca europea degli investimenti (Bei) della nuova policy energetica, avvenuta ieri dopo una lunga riunione del Consiglio di amministrazione, inaugura un nuovo corso per il principale Istituto di credito in ambito europeo con sede a Lussemburgo, che punta a completare la sua rivoluzione “green” entro la fine del 2021 interrompendo il sostegno a progetti alimentati da combustibili fossili. Abbiamo approfondito alcuni aspetti della nuova policy della Bei con Ugo Biggeri, ex presidente di Banca Etica e attuale presidente di Etica Sgr, società di gestione del risparmio che propone fondi comuni di investimento sostenibili.

Ugo Biggeri

Eunews – È soddisfatto della decisione assunta ieri dal board della Banca europea degli investimenti sullo stop ai fondi alle energie fossili?

Biggeri – “Sono soddisfatto, soprattutto perché la nuova politica energetica Bei sui combustibili fossili sarà attuata in tempi relativamente ravvicinati. Apprezzo inoltre che la Bei faccia una mossa simile perché è una iniziativa che riesce nell’intento di far chiarezza su cosa voglia dire impegnarsi realmente contro i cambiamenti climatici”.

E. – Nella bozza originaria della decisione, la Bei aveva previsto la fine del 2020 come termine ultimo per interrompere il sostegno a progetti legati alle fossili. Termine poi prorogato al 2021 per raggiungere un compromesso con i paesi che volevano ritardare il distacco dalle energie non rinnovabili. Cosa pensa del rinvio di un anno?

B. – “Chiaramente si intravedono anche qui dinamiche politiche: il rischio che noi vediamo continuamente, sia nella politica ma anche quando ci si occupa di finanza, è che quando si parla di finanza sostenibile si facciano dei grandi proclami senza fare scelte coraggiose all’atto pratico. Dal mio punto di vista, è già un successo che la Banca europea degli investimenti abbia fatto questa scelta, il rischio reale in questo caso era che il ‘phase out’ dalle fossili slittasse a una data non bene identificata. Invece, con questa scelta, si sono chiariti due punti: una data non tanto lontana – dal momento che ci troviamo di fronte a un orizzonte ravvicinato – e poi la Bei ha messo anche un punto fermo sul fatto che non si può parlare di emergenza climatica e poi finanziare le fonti fossili, cosa che ancora oggi fanno i maggiori investitori privati e istituzionali del mondo”.

E. – Che margini di crescita economica può offrire una politica totalmente “carbon free” in Europa?

B. – “Dal punto di vista economico, una politica ‘carbon free’ che sia attuata con misure decise come quella della Bei – e ancora di più con disincentivi all’impiego delle fossili (carbon tax) – inevitabilmente produrrà grande innovazione tecnologica e anche investimenti strutturali, perché bisognerà ripensare il sistema energetico insieme a quello dei trasporti. Contrariamente a quanto sostenuto da alcuni detrattori, è proprio nelle forme di energia pulita che si potranno avere in futuro grandi investimenti e grandi opportunità per l’economia”.

E. – La nuova politica energetica della Banca europea per gli investimenti può avere impatto anche sulle misure di classificazione europea delle attività economiche sostenibili (tassonomia)?

B. – Spero di sì, perché purtroppo il dibattito sulla tassonomia rischia di essere una delusione: l’Unione europea, dopo il lavoro di esperti di alto livello, sui temi della sostenibilità aveva prodotto degli output tra cui anche quello della tassonomia. Ma finora abbiamo visto solo scarso coraggio nell’essere un po’ più incisivi sulla questione. Se parliamo di finanza sostenibile dobbiamo fare in modo di parlare della miglior finanza che si possa offrire per la sostenibilità. Purtroppo, la tassonomia non sembra così coraggiosa, mentre la scelta chiara e netta della Bei potrebbe portare a un investimento più attento all’efficienza energetica, nell’estrazione delle fonti fossili o nella loro gestione, rientrando comunque nel perimetro della finanza sostenibile”.

Tags: banca eticagreen new dealGruppo BEIUgo Biggeri

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