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Home » Cronaca » Donne, l’allarme del Consiglio d’Europa: in Italia troppe resistenze alla parità di genere

Donne, l’allarme del Consiglio d’Europa: in Italia troppe resistenze alla parità di genere

Uno studio condotto dal Consiglio d'Europa. Il paese è indietro nell'attuazione di politiche preventive contro la violenza, ma il cambiamento deve passare attraverso una vera e propria rivoluzione culturale

Fabiana Luca</a> <a class="social twitter" href="https://twitter.com/@fabiana_luca" target="_blank">@fabiana_luca</a> di Fabiana Luca @fabiana_luca
13 Gennaio 2020
in Cronaca

Bruxelles – In Italia la parità di genere è ancora lontana. Il paese deve fare di più nella promozione dei diritti delle donne e per proteggerle dalle violenze. Lo dice il Consiglio d’Europa – l’organismo internazionale nato per promuovere democrazia e diritti umani che, lo ricordiamo, non è un organo dell’Unione europea – che oggi ha diffuso un rapporto sull’attuazione in Italia della Convenzione di Istanbul (firmata nel 2011) sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica. Si tratta del primo studio sull’Italia realizzato dal GREVIO, il gruppo di esperti del Consiglio d’Europa che si occupa propriamente della violenza contro le donne, con focus su parità di genere, violenza sulle donne e supporto alle vittime di violenza.

Il rapporto riconosce che in Italia sono stati compiuti progressi nella promozione dei diritti delle donne, ma che gli sforzi per migliorare e raggiungere l’uguaglianza di genere incontrano ancora diverse “resistenze” al raggiungimento effettivo della parità di genere. Le criticità, secondo i realizzatori del rapporto, riguardano la tendenza del paese a confondere e ridurre le politiche di uguaglianza di genere in termini di politiche “famigliari e di maternità”. L’altro aspetto approfondito dal Consiglio d’Europa riguarda le politiche perseguite dal governo italiano per contrastare la violenza contro le donne, a cui manca però un approccio organico e “preventivo” da parte delle istituzioni in termini di “sensibilizzazione, istruzione, formazione professionale”: in sostanza, il Consiglio d’Europa propone che il cambiamento passi attraverso una vera e propria rivoluzione nei modelli di comportamento (sessuali, sociali e soprattutto culturali) in cui, invece, ancora si registra una forte dipendenza dall’idea di inferiorità delle donne nella società.

Passi avanti sono stati compiuti per quanto riguarda l’introduzione di misure per porre fine alla violenza di genere. Il gruppo “accoglie con favore” e menziona tra i progressi nella giusta direzione una serie di iniziative legislative approvate in Italia dal 2009 ad oggi per tamponare il problema della violenza di genere: dalla legislazione sullo stalking al dispiegamento di una vasta rete di servizi di supporto per le vittime di violenza. Ultimo in linea temporale, il via libera definitivo a luglio al cosiddetto disegno di legge ‘Codice Rosso’, che ha introdotto una serie di misure a tutela delle vittime di violenza domestica e di genere. Per il GREVIO, il Codice Rosso è tra i provvedimenti che hanno contribuito “allo sviluppo di un solido quadro legislativo in linea con i requisiti della convenzione sui rimedi di diritto civile e penale per le vittime di violenza”. Ma occorre fare ancora di più.

La relazione rileva una serie di lacune legislative e denuncia ancora la sostanziale disparità dei servizi di supporto alle vittime in tutto il paese, oltre che “una capacità limitata delle strutture esistenti di rispondere ai bisogni di tutte le vittime di ogni forma di violenza”. Non meno importante, mancano mezzi di ricorso civili efficaci a cui appellarsi quando le autorità statali non adottano per tempo le misure necessarie di prevenzione o di protezione nel quadro delle loro specifiche competenze. Il rapporto si sofferma anche sul diritto d’asilo, in cui il fallimento delle procedure di valutazione della “vulnerabilità” – che non  consente  quindi  di  individuare  correttamente  le  vittime che hanno diritto all’asilo – rischia di condurre all’espulsione o al rimpatrio forzato, anche violando l’obbligo di non respingimento.

Tags: consiglio d'europadisuguaglianza di generegender gapuguaglianza di genere

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