Bruxelles – Il referendum sulle modiche alla costituzione russa inquieta la Commissione europea. L’1 luglio i russi sono chiamati a esprimersi sulle proposte di cambiamento della Carta della Federazione che, tra le altre cose, prevedono la possibilità di estendere fino al 2036 il mandato presidenziale di Vladimir Putin. Si introduce una carica di sei anni, rinnovabile di una volta. Un cambiamento che si applicherebbe a partire dal 2024, anno di esaurimento dell’attuale mandato da presidente, ricoperto per l’appunto da Putin.
Ma a Bruxelles non ci si preoccupa per questo. “Il mandato di un presidente è qualcosa che spetta ai Paesi stabilire”, commenta Peter Stano, portavoce dell’esecutivo comunitario per le questioni di politica estera. “Un emendamento a cui guardiamo con attenzione è quello che conferisce alla costituzione supremazia giuridica su trattati internazionali e sentenze di Corte internazionali”.
Se i russi dovessero approvare una simile proposta, il Paese sarebbe libero di non osservare alcuna decisione di ogni organismo internazionale, dall’Organizzazione delle Nazioni Unite alla Tribunale penale internazionale, fino all’Organizzazione mondiale per il commercio (WTO). Ciò scardinerebbe tutta l’architettura di politica internazionale oltre a gettare benzina su un fuoco tutto a dodici stelle.
L’Ungheria si è fin qui fatta beffe dei richiami sulle politiche comuni in tema di immigrazione, e recentemente la Corte costituzionale tedesca ha suggerito al governo di non partecipare al programma di acquisto di titoli pubblici della BCE. Tutto l’ordinamento sovranazionale è dunque minacciato da più parti, e la Russia rischia di scrivere solo un altro capitolo a questa storia che ha negli Stati Uniti un esempio autorevole di Paesi che unilateralmente decidono che accordi internazionali non valgono più.