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Home » Cronaca » La Polonia si sfila dalla Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne

La Polonia si sfila dalla Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne

Contiene "concetti ideologici" che non sono condivisi dall'attuale maggioranza di governo. Come l'Ungheria, anche Varsavia fa un passo indietro sul trattato ratificato nel 2012 che mira a prevenire le violenze di genere. La Commissione europea è "rammaricata"

Fabiana Luca</a> <a class="social twitter" href="https://twitter.com/@fabiana_luca" target="_blank">@fabiana_luca</a> di Fabiana Luca @fabiana_luca
28 Luglio 2020
in Cronaca, Politica
Proteste a Varsavia contro la proposta del governo di ritirarsi dalla Convenzione di Istanbul

Proteste a Varsavia contro la proposta del governo di ritirarsi dalla Convenzione di Istanbul

Bruxelles – A partire da lunedì 27 luglio la Polonia ha avviato l’iter per ritirarsi dalla Convenzione promossa dal Consiglio d’Europa contro la violenza sulle donne, nota come Convenzione di Istanbul. Il ministro della Giustizia della Polonia, Zbigniew Ziobro, ha formalmente avanzato al ministero della Famiglia, del Lavoro e delle Politiche Sociali dopo averne anticipato l’intenzione sabato 25 luglio in conferenza stampa.

Il governo guidato dal partito nazionalista di destra Diritto e Giustizia (PIS) fa sul serio ed è determinato a smantellare l’appartenenza di Varsavia al trattato internazionale che mira a prevenire e contrastare la violenza contro le donne e la violenza domestica. Ratificato dalla Polonia nel 2012 dal governo centrista dell’ex presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, la Convenzione è stata più volte attaccata dall’attuale maggioranza di governo, in quanto ritenuta dannosa per i valori della Polonia. “Vi sono contenute disposizioni ideologiche che non accettiamo e che consideriamo dannose”, ha spiegato in conferenza stampa Ziobro.

https://twitter.com/ZiobroPL/status/1287019107913732097?s=20

A suo avviso, inoltre, la Convenzione non contiene soluzioni adeguate in difesa delle donne, che invece “rappresenta una priorità” per il suo governo. Tanto che “abbiamo introdotto cambiamenti nella legge polacca, che ha elevato la protezione delle donne ai più alti standard europei e globali”, afferma ancora. Aggiunge che il trattato contiene altre previsioni tra cui il ministro ha menzionato la differenziazione tra sesso “socio-culturale” che si oppone al concetto di sesso “biologico”: da questo punto di vista, secondo il ministro, il trattato violerebbe “i diritti dei genitori” in quanto porta avanti l’idea di che si debba insegnare ai bambini nelle scuole che il sesso è una scelta. PIS e i suoi alleati di governo promuovono politiche ultra conservatrici e legate alla chiesa cattolica e anche l’ostilità nei confronti dei diritti degli omosessuali è stata uno dei temi promossi dall’attuale presidente, Andrzej Duda, nel corso della campagna elettorale che lo ha portato a rinnovare il suo mandato.

Contro la decisione della Polonia, anche la Commissione europea che si dice rammaricata per la decisione assunta dal governo di Varsavia.”L’adesione alla Convenzione di Istanbul rimane una priorità fondamentale per questa Commissione”, ha spiegato ieri (27 luglio) un portavoce nel corso del briefing con la stampa. Ha categoricamente aggiunto che nelle “società europee non c’è posto per la violenza contro le donne”.

La decisione di Varsavia arriva a pochi giorni dall’accordo sul bilancio trovato in seno al Consiglio europeo (17-21 luglio) in cui capi di stato e governo hanno approvato anche il principio (ancora molto vago) di vincolare l’erogazione della risorse di bilancio al rispetto dello stato di diritto negli Stati membri. L’iniziativa di Bruxelles per rafforzare il controllo sullo stato di diritto – che ancora deve essere meglio definita – arriva soprattutto in relazione allo sviluppo di politiche autoritarie e dannose per le libertà fondamentali che sono state portate avanti da Polonia e Ungheria negli ultimi anni. Proprio l’Ungheria di Orban a maggio ha respinto anche lei la ratifica della Convenzione di Istanbul, in quanto “promotrice di ideologie di genere distruttive”.

Tags: Andrej Dudacommissione europeacondizionalità fondi europeiconsiglio europeoconvenzione di istanbuldiritti-donneDiritto e Giustizia (Pis)genderPoloniastato di dirittoVarsaviaviolenza donneZbigniew Ziobro

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