Bruxelles – L’Unione europea continua a fornire all’Italia “sostegno operativo e finanziario per la gestione degli sbarchi dei migranti”, soprattutto in termini di coordinamento dei ricollocamenti tra gli altri Stati membri. In merito agli sbarchi degli ultimi giorni sulle coste italiane, soprattutto in Sicilia, sul tavolo della Commissione europea è arrivata la richiesta da parte del Paese di lavorare al coordinamento con gli altri Stati membri per il ricollocamento dei richiedenti asilo. “Siamo a conoscenza delle difficoltà che incontra l’Italia, soprattutto nell’isola di Lampedusa”, dice un portavoce della Commissione europea durante il briefing con la stampa, assicurando che l’Esecutivo è al momento in contatto con gli altri Paesi membri per risolvere il problema del ricollocamento. “Faremo di tutto per trovare una soluzione”.
In Italia il dibattito politico è tornato a concentrarsi sul tema in seguito ad un aumento degli sbarchi registrato negli ultimi giorni, soprattutto in Sicilia. Tra il 20 e il 26 luglio sono arrivati in Italia oltre 2 mila richiedenti asilo, in particolare sull’isola di Lampedusa e tra il 26 e il 27 luglio si sono verificati due episodi in cui quasi 300 migranti hanno tentato di allontanarsi dai centri di accoglienza nei quali erano ospitati a Caltanissetta e Porto Empedocle.
Secondo i dati forniti dal Viminale, in larga parte i richiedenti asilo arrivano dalla Tunisia e per il titolare della Farnesina, Luigi Di Maio, è necessario “riattivare subito i meccanismi di rimpatrio” per chi non ha diritto a rimanere in Europa “verso il Paese perché per noi la Tunisia è un Paese sicuro”. In effetti la Tunisia figura tra i 13 Paesi “sicuri” indicati in un decreto interministeriale per i rimpatri sicuri firmato a ottobre 2019 da Di Maio insieme ai ministri della Giustizia, Alfonso Bonafede, e dalla ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese, per accelerare le procedure per stabilire se chi arriva in Italia può a ragione restarci oppure no. Secondo il decreto i tempi si riducono da oltre due anni a soli quattro mesi per Algeria, Marocco, Tunisia, Albania, Bosnia Erzegovina, Capo Verde Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro, Senegal, Serbia, Ucraina.
Il governo italiano cerca di intervenire per ridurre i tempi dei rimpatri e secondo la Corte dei Conti europea sono poco meno del 40 per cento i migranti irregolari a cui è stato ordinato di lasciare l’UE che effettivamente ritorna nel proprio Paese di origine o si sposta in un Paese terzo. La cooperazione con i Paesi terzi prioritari per i rimpatri è fondamentale nel meccanismo di gestione dei flussi migratori ma secondo i revisori di Lussemburgo uno dei motivi principali dei bassi rendimenti registrati in questo senso è proprio la difficoltà di cooperare con i Paesi di origine dei migranti.
Non si può però solo pensare a chi in Italia o in Europa non può rimanerci ma serve anche dar vita a un meccanismo più efficiente dei ricollocamenti negli Stati membri d’Europa, che la Commissione sta cercando di coordinare. Il meccanismo, afferma Di Maio, si è fermato “durante la crisi pandemica, ma adesso l’Unione deve riattivare quanto stabilito a Malta a settembre scorso”. Il tema dei ricollocamenti sarà uno dei nodi principali del nuovo patto europeo per l’immigrazione e l’asilo che andrà a sostituire anche il regolamento di Dublino, che impone l’asilo al primo Paese di accoglienza. Dopo diversi rimandi “sarà presentato a settembre”, conferma il portavoce. Doveva essere presentato già in primavera, ma la Commissione europea ha continuato a rimandare la data riconducendo il ritardo alla pandemia che ha reso difficile “trattare” con gli Stati.