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Home » Politica » Il voto dopo il lockdown. Domenica e lunedì, election day per 46 milioni di italiani

Il voto dopo il lockdown. Domenica e lunedì, election day per 46 milioni di italiani

Urne aperte per il referendum sulla riduzione dei parlamentari, in sette regioni e 1200 Comuni. Per la coalizione giallorossa il primo vero test elettorale

Nicola Corda</a> <a class="social twitter" href="https://twitter.com/@NicolaCorda" target="_blank">@NicolaCorda</a> di Nicola Corda @NicolaCorda
18 Settembre 2020
in Politica

Roma – Quello di domenica e lunedì sarà un election day con una posta in palio significativa e che potrebbe avere qualche contraccolpo anche sul governo. Gli italiani chiamati alle urne dovranno esprimersi sul referendum confermativo costituzionale, eleggere le nuove amministrazioni in sette regioni, rinnovare il sindaco e i consigli comunali in quasi 1.200 centri di cui 18 capoluoghi, nonché due seggi del Senato per il Veneto e la Sardegna.

Numeri che lo fanno avvicinare a un voto molto “politico” anche se le elezioni amministrative hanno sempre caratteristiche differenti, con schieramenti geograficamente eterogenei e con una forte presenza di liste civiche.

La coalizione di governo che non viene replicata in alcune regioni, con il Movimento 5 Stelle e Italia Viva in ordine sparso, si sottopone comunque a un test elettorale che avrà certamente dei riflessi. Tuttavia le dichiarazioni pre-voto dei leader, da Nicola Zingaretti a Luigi Di Maio allo stesso presidente Giuseppe Conte, anche in caso di sconfitta hanno escluso conseguenze significative sul governo, rimpasto compreso. Il contesto, la fase più delicata di progettazione del recovery plan italiano, blinda Palazzo Chigi almeno fino alla prossima primavera e anche se ci fosse un sensibile spostamento dell’elettorato verso il centrodestra, ciò difficilmente porterebbe a una crisi.

Referendum. Si tratta del quesito confermativo costituzionale di approvazione della riforma che riduce i deputati (da 630 a 400) e i senatori (da 315 a 200). Le forze politiche sono prevalentemente schierate a favore, almeno ufficialmente: PD, M5S, Lega, Fratelli d’Italia per il Sì; hanno dato libertà di voto Forza Italia e Italia Viva; per il No sono Più Europa, Azione e Sinistra italiana. Divisi i costituzionalisti con Valerio Onida, Ugo de Siervo Michele Ainis, tra i nomi noti a favore, mentre sul fronte dei contrari al taglio dei parlamentari si trovano Sabino Cassese, Giovanni Maria Flick e Giuseppe Tesauro.

Il taglio lineare dei seggi è una bandiera storica dei Cinquestelle e nella quarta e ultima lettura hanno votato a favore praticamente tutti i partiti con poche eccezioni. La campagna elettorale di queste settimane ha però fatto emergere una buona fetta di elettorato contrario tutto trasversale che in rimonta potrebbe riequilibrare ciò che in partenza sembrava un plebiscito a favore del Sì.

Elezioni regionali. Al voto vanno Veneto, Liguria Toscana, Marche, Puglia, Campania e Valle d’Aosta (che però non ha l’elezione diretta del presidente). Quattro a due la situazione di partenza a favore del centrosinistra, che rischia ribaltarsi a favore della destra con ben tre regioni in bilico: Puglia, Marche e Toscana. Ed è proprio la regione rossa da sempre a sinistra a far tremare maggiormente il Pd che ha già perso lo scorso anno l’altra roccaforte dell’Umbria. Ed è sul partito, più che sul governo, che in questo caso si sentirebbero i contraccolpi del voto e che la segreteria di Nicola Zingaretti potrebbe non essere in grado di assorbire.

Equilibri di partito in gioco anche nel Movimento 5 Stelle che nelle regionali non hanno mai avuto grandi performance ma dovranno tenere i loro stati generali dopo questo voto, per finalizzare una leadership la cui corsa è sempre più incerta e litigiosa. Segnali potrebbero arrivare anche per la Lega: il presidente del Veneto, Luca Zaia ha la rielezione già in tasca ma se la sua lista personale dovesse sorpassare quella della “Lega Salvini premier”, nel Carroccio qualcosa potrebbe essere messo in discussione.

Comunali. Si vota in 18 capoluoghi, tre dei quali sono di regione: Trento, Venezia e Aosta e tra le città importanti che devono eleggere il sindaco ci sono anche Agrigento, Arezzo, Bolzano, Chieti, Crotone, Enna, Lecco, Macerata, Mantova, Matera, Nuoro e Reggio Calabria.

Insieme a un altro migliaio di centri più piccoli contribuiranno a ridisegnare in parte la geografia politica del Paese che dopo mesi di lockdown ritrova le urne. Elezioni dove le norme di sicurezza e distanziamento saranno il primo pensiero e dopo la riapertura pur parziale delle scuole, saranno un’altra prova per le autorità sanitarie e per la responsabilità dei singoli cittadini.

Tags: elezioni comunalielezioni regionali 2020governo PD-M5SReferendum costituzionaleriduzione parlamentariRiforma costituzionale

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