Bruxelles – Un colpo durissimo alla politica di allargamento dell’Unione Europea sui Balcani Occidentali. È stato sferrato ieri (martedì 8 dicembre) durante il Consiglio Affari Generali ed è stato riferito dalle parole di Michael Roth, ministro degli Affari europei tedesco e presidente di turno del Consiglio dell’UE: “Non siamo arrivati a un accordo sul quadro negoziale per l’avvio del processo di adesione di Macedonia del Nord e Albania“, ha commentato senza nascondere tutto il proprio disappunto. “Speriamo che sotto la presidenza portoghese ci sia una svolta decisiva per arrivare al consenso unanime”. A pesare sul rallentamento del processo è stata la posizione della Bulgaria, che da un mese ha pubblicamente reso nota la volontà di opporsi con il proprio veto all’avvio dei negoziati con il governo della Macedonia del Nord (per cui è necessaria l’unanimità dei Paesi membri). Roth ha evitato di nominare a voce alta la responsabile, limitandosi a un tagliente “purtroppo uno Stato membro non segue quanto proposto, sono state giornate difficili”.
La Bulgaria si è messa di traverso proprio durante il Consiglio Affari Generali di ieri, con il veto alla Macedonia del Nord annunciato dalla ministra degli Esteri, Ekaterina Zaharieva: la posizione dura di Sofia è arrivata dopo l’esclusione delle richieste del governo guidato da Boyko Borissov dal progetto dei Ventisette. A causa dell’opposizione bulgara, i ministri degli Affari Europei non sono stati in grado di risolvere i quadri negoziali né per la Macedonia del Nord né per l’Albania (il pacchetto integrale sarebbe dovuto arrivare sul tavolo del Consiglio UE per l’approvazione) e, in questo modo, i leader UE non potranno sancire l’avvio ufficiale dei negoziati nel vertice di domani. “Ogni Paese europeo difende i suoi interessi e la pressione internazionale sul nostro Paese a non bloccare i negoziati con la Macedonia del Nord è tutt’altro che corretta”, ha dichiarato la ministra Zaharieva. “L’UE non può chiedere a un Paese membro di rinunciare al proprio interesse nazionale a favore di un Paese candidato”. Lo scontro verte su rivendicazioni storico-culturali, ma è ormai chiaro che il veto della Bulgaria all’accesso della Macedonia del Nord è dettato anche da da ragioni politiche interne e da una volontà di imporre politiche più accomodanti al Paese vicino non-comunitario.
“Anche la cancelliera Angela Merkel è delusa, ma vorrei comunque essere ottimista perché è stato un solo Paese a non essere d’accordo”, ha cercato di riaccendere la fiammella della speranza il ministro tedesco Roth. “Tutti gli altri ministri mi hanno sostenuto, quanto prima ce la faremo”. Sostegno anche da parte del vicepresidente per le relazioni interistituzionali e le prospettive strategiche della Commissione UE, Maroš Šefčovič: “Continueremo a lavorare con la presidenza portoghese. Non si tratta di ‘se’, ma di ‘quando’ riusciremo ad arrivare a un accordo, che sarà un grande successo”. Nessun piano B, ma una rassicurazione e una richiesta di pazienza al governo di Zoran Zaev: “I nostri partner macedoni non scoraggino e continuino con le politiche di riforme”, ha concluso Roth. “Potete essere sicuri che porteremo avanti il nostro cammino nei Balcani occidentali”. Invito accolto a Skopje dal ministro degli Esteri, Bujar Osmani: “Il processo di adesione della Macedonia del Nord all’UE è stato difficile in passato e lo sarà in futuro”, ha commentato. “Non dovremmo guardare a questo blocco come un muro impenetrabile, ma come un ostacolo sulla strada che dovrebbe mobilitarci e riorganizzarci“, perché “il percorso europeo e le relazioni di buon vicinato non hanno alternative”.
Rammarico da parte del commissario europeo per la politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi: “Sono deluso dal fatto che non siamo riusciti a portare avanti i quadri negoziali con la Macedonia del Nord e l’Albania”, ha commentato su Twitter. “Dobbiamo sbloccare rapidamente la situazione di stallo”, ha aggiunto il commissario, ricordando che “con la metodologia riveduta e il Piano economico e di investimento abbiamo una finestra di opportunità unica per far progredire la regione”.
This is important for #WesternBalkans and for the #EU. With revised methodology & Economic&Investment Plan we have a unique window of opportunity to move the region forward and deliver tangible results. We will continue to work for this goal. 2/2
— Oliver Varhelyi (@OliverVarhelyi) December 8, 2020
La questione serba
Un altro punto preso in considerazione dai ministri degli Affari Europei è stato quello relativo ai negoziati con la Serbia. Belgrado ha acquisito lo status di Paese candidato il 1° marzo 2012 e l’avvio dei negoziati di adesione è arrivato il 21 gennaio 2014: da allora sono stati aperti 18 capitoli su 35. Era attesa per la fine del 2020 l’apertura di nuovi capitoli negoziali, ma “Commissione e Consiglio non hanno considerato sufficienti i progressi su Stato di diritto, libertà dei media, riconciliazione nella regione e giustizia indipendente“, ha specificato il ministro tedesco. “Aprire un capitolo non è un regalo di Bruxelles, ma dipende dai progressi che vengono fatti nel Paese”.
Contemporaneamente, in un incontro a Belgrado con gli ambasciatori UE e il rappresentante dell’Unione Europea in Serbia, Sem Fabrizi, il presidente Aleksandar Vučić ha rassicurato Bruxelles che “la Serbia è determinata nel portare avanti il programma di riforme” e che “l’adesione all’Unione è tra le prime priorità in politica estera del Paese“. Nella riunione è stata discussa la dinamica del negoziato della Serbia, oltre ai temi della stabilità nella regione, dei progetti regionali e del piano di investimenti della Commissione per sostenere le economie dei Balcani occidentali colpite dalle conseguenze della pandemia Covid-19. L’ambasciatore Fabrizi ha ricordato l’impegno già in campo (“Il 70 per cento degli investimenti esteri in Serbia proviene dai Paesi comunitari“) e ha espresso soddisfazione per le riforme promesse da Vučić, in particolare su giustizia e libertà dei media: “Sono settori basilari per l’accelerazione del processo di adesione all’Unione”.